Targa scritta male e indirizzo sbagliato, pesarese multato a Roma senza esserci mai andato in auto: «L'ho scoperto 3 anni dopo, ricorso impossibile: devo pagare»

Pesaro, sbagliano la targa e lo multano ma dovrà pagare lo stesso: la vicenda ha del clamoroso. Foto generica
Pesaro, sbagliano la targa e lo multano ma dovrà pagare lo stesso: la vicenda ha del clamoroso. Foto generica
di Gianluca Murgia
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Giovedì 2 Febbraio 2023, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 07:56

PESARO Una targa trascritta male, la multa consegnata ad un indirizzo sbagliato, i giorni, mesi e anni che trascorrono all’insaputa del proprietario dell’auto, poi la burocrazia e un’amministrazione pubblica stile muro di gomma: c’è tutto questo nell’incredibile cartella esattoriale che un pesarese si troverà ora a dover pagare per una multa ricevuta «per aver circolato nella corsia riservata ai mezzi pubblici ai Fori Imperiali di Roma», senza essere mai andato in auto a Roma. 


Dalla cartella alle Pec

«Hanno scritto una Y al posto della X - racconta il pesarese, padre di famiglia -. Io non sono mai stato a Roma in auto. Ho prodotto tramite un avvocato tutta la documentazione possibile immaginabile ma alla fine dovrò pagare. Questo è lo specchio dell’Italia in cui viviamo, una pubblica amministrazione che viaggia a diverse velocità: veloce quando deve ricevere, spesso inesistente quando deve dare risposte. Eppure con la tecnologia attuale sarebbe bastata una mail...». La multa per divieto di sosta, con la targa sbagliata, era datata 20 gennaio 2016 e pari a 179 euro. Non solo: l’avviso gli stato recapitato nella vecchia residenza, il 29 marzo 2016, già maggiorata a 273,88 euro. 

Tutta la documentazione e foto

«Mi ero trasferito e, come documentato, cambiato regolarmente residenza 5 mesi prima. Quell’avviso è così rimasto nella cassetta della vecchia casa e nessuno mi ha avvisato, facendo decorrere i termini per poterla contestare al Prefetto di Roma. Ho appreso dell’esistenza della multa solo tre anni dopo: il 2 novembre 2019 quando mi è stato recapitato, al giusto indirizzo, un avviso generico dell’Agenzia delle Riscossioni di Pesaro.

Mi sono dovuto collegare tramite Spid al sito del Ministero e lì ho scoperto la multa. Ho subito fatto richiesta l’accesso via Pec agli atti all’Ufficio contravvenzioni di Roma Capitale per capire l’origine del verbale». La letteratura capitolina, in materia, è piena di storie simili: solo nel 2020 ci sono stati 67.113 ricorsi (accolti 45.597) per multe sbagliate. L’effetto domino, qui, ha portato però alla cartella esattoriale a cui nessuno, avvocati compresi, sono riusciti a mettere un freno.

«Da solo e poi con un avvocato ho mandato decine e decine di Pec in questi anni. Ho chiamato centinaia di volte tutti i numeri di Roma Capitale (dove, vale la pena di ricordarlo, lavorano in 6mila tra agenti, funzionari e dirigenti, ndr). L’unica persona che ha risposto è stata una impiegata di un ufficio decentrato che, forse non capendo bene l’accaduto, mi ha girato via fax i documenti della multa comprese le foto, prova incontrovertibile dell’errore, e il nome di chi ha effettuato il verbale». 

Rimpalli e beffe

Con la multa trasformata in cartella ora dovrà pagare circa 280 euro. «Sarebbe bastata una Pec dell’ufficio competente, in cui si riconosceva l’errore, per stralciare la sanzione. L’importo fa arrabbiare ma quello che fa imbestialire è l’assurdo muro di gomma fatto di centralini muti e rimpalli. Per Roma Capitale non sono degno di risposta, per l’Agenzia delle riscossioni (che come ultimo anello di questa paradossale vicenda esige giustamente il pagamento, ndr) invece esisto eccome. L’ultima beffa? Speravo nella rottamazione almeno degli interessi ma Roma Capitale ha scelto di non applicare lo stralcio».
 

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