Sant'Angelo, Ismaele ucciso a 17 anni
Niente sconti a Igli e Marjo: ergastolo

Sant'Angelo, Ismaele ucciso a 17 anni Niente sconti a Igli e Marjo: ergastolo
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Giovedì 31 Maggio 2018, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 18 Giugno, 10:10
ANCONA Omicidio di Ismaele Lulli, in appello ergastolo per Igli Meta e Marjo Mema. Tolta la premeditazione a Igli e aggiunta l’aggravante delle sevizie per entrambi. La Corte d’Assise d’appello di Ancona dopo due ore di camera di consiglio ha condannato alla pena più severa i due amici e complici, accusati in concorso di omicidio. Marjo era stato condannato a 28 anni e 4 mesi in primo grado a Pesaro, ma ieri i giudici dell’appello non hanno concesso sconti e hanno reso più severa la sentenza condannandolo al massimo della pena così come Igli. Entrambi sono usciti dall’aula in silenzio, a testa bassa, mentre i familiari erano arrabbiati. Marjo era sorpreso.


 
Ismaele Lulli, 17enne di Sant’Angelo in Vado era stato sgozzato il 19 luglio 2015. Igli non aveva digerito il tradimento della sua fidanzata Ambera (ora indagata per concorso in omicidio) con Ismaele, cosa che ha scatenato la sua gelosia. Meta è ritenuto l’esecutore materiale del delitto, per omicidio. Quel giorno, una domenica, Ismaele era stato attratto da un messaggio trappola di Ambera Saliji, fidanzata di Meta. Mema e Meta lo portarono a San Martino in Selvanera, dove Ismaele è stato poi trovato morto il giorno dopo.
  
La madre di Ismaele, Debora, commenta così la sentenza: «E’ arrivata la giustizia che chiedevamo, se lo meritavano. Resta sempre il fatto che sono andati in tre e tornati in due. E’ una storia triste, non abbiamo affatto esultato, ma ci portiamo a casa la giustizia che meritava Ismaele. Domani andrò al cimitero a dire a Ismi che ora può riposare in pace».
Poi, mamma Debora, apre il capitolo Ambera: «Ha le stesse colpe dei due. Anzi moralmente di più. Mi impegnerò con tutta me stessa affinchè anche lei possa avere la pena che si merita, l’ergastolo. È stata fuori dal carcere anche troppo. Spero che la Procura porti a termine le indagini e la rinvii a giudizio. Ringrazio la Procura e la pm Irene Lilliu per il grande lavoro svolto, siamo arrivati al risultato che si merita Ismaele».
Ieri mattina ad Ancona a chiedere “Giustizia per Ismaele”, con striscioni e magliette fuori dal palazzo di giustizia, gli amici e parenti di Ismi che hanno affiancato mamma Debora in questi duri anni di udienze.
Il legale di Igli, Salvatore, Asole spiega: «Un caso che non finirà di sorprendere. Ci hanno tolto la premeditazione e dato l’ergastolo a Marjo, vuol dire che Igli è credibile. Ricorreremo in Cassazione». L’udienza si è aperta con le dichiarazioni spontanee rese da Igli Meta. Ha ripercorso tutti i punti salienti dei fatti del luglio 2015, dal viaggio a Bologna per procurarsi la droga, fino al momento chiave. «Ho solo dato le prime due coltellate, non l’ho ucciso io». A finirlo sarebbe stato Marjo. Tesi sostenuta dall’accusa, sulla base dell’esame autoptico e dei punti di ingresso delle ferite, «incompatibili», secondo l’accusa, con la posizione di Igli sulla scena del delitto. Poi Igli ha chiuso così: «Chiedo scusa e chiedo un’altra opportunità di vita. Io non ho sgozzato Ismaele», spiegando che sarebbe stato Mema a indossare i guanti che aveva in auto e a infliggere i fendenti letali alla gola di Ismaele Lulli, dopo averlo accusato di essere un «infame», anche per attriti e inimicizie maturate tra i due in precedenza. A ruota l’avvocato Carlo Taormina che ha nuovamente insistito sulla tesi delle coltellate per poi negare le lesioni e chiedere una riduzione della pena per i due ragazzi al giudice. «Tenete presente che questo ragazzo aveva solo 20 anni quando è stato arrestato, guardate come è cambiato» ha fatto leva sulla corte. Anche Marjo ha voluto puntualizzare: «Voglio pagare per le mie colpe, non per quello che non ho fatto. Non l’ho ucciso io. Chiedo scusa a tutti». Mamma Debora, prima della sentenza aveva chiesto «giustizia che è il minimo che si può avere. Spero che sia dato l’ergastolo a tutti e due gli imputati. Ismaele non c’è più e nessun potrà restituirmelo però vorrei giustizia. Io non vivo più ma almeno potrò dirmi di aver fatto il possibile». La Corte depositerà la motivazione della sentenza entro 90 giorni.
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