Il primario Gnudi: «Non si investe sul personale e il lavoro peggiora. Ecco cosa serve al Pronto soccorso»

Il direttore del Pronto soccorso di Marche Nord, Umberto Gnudi
Il direttore del Pronto soccorso di Marche Nord, Umberto Gnudi
di Lorenzo Furlani
4 Minuti di Lettura
Sabato 11 Dicembre 2021, 07:05

PESARO - «Il problema è anche il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nel quale riponevo molte speranze. Per la parte riguardante la sanità il Pnrr è scritto con i piedi perché tutti questi grandi investimenti sono sulle cose e non sulle persone, ci sono un sacco di soldi per costruire nuovi ospedali, per comprare nuovi macchinari, ma non c’è un euro per formare professionisti che sappiano fare il proprio lavoro. Questa è una gestione assurda. La cosa che fa comodo non capire è che si impiega meno tempo a costruire un ospedale nuovo che a formare il personale da metterci dentro».

Dottor Umberto Gnudi, lei dirige il Pronto soccorso di Marche Nord e attualmente la carenza di personale è la sua croce: nell’ultimo anno tra pensionamenti e trasferimenti da 40 che eravate siete rimasti 25 medici, l’ultima che cesserà di lavorare a dicembre è Francesca Padiglione, che ha detto in tv di non farcela più.
«Lei è una collega bravissima, molto preparata e motivata, ma è arrivata allo stremo, circa 3 mesi fa è entrata nel mio studio e mi ha detto io vado via. Purtroppo non avevo niente da replicare per farla desistere perché il nostro lavoro sta peggiorando di giorno in giorno, quelli che resistono sono stoici, ma c’è un malessere generalizzato. Mi aspetto altre dimissioni, altri due colleghi mi hanno già detto che se ne andranno per avvicinarsi alla famiglia. Ma è evidente che quando le condizioni di lavoro non sono più compatibili con una qualità della vita accettabile, come lo è per noi che siamo ridotti all’osso, ciò che prima era sopportabile, come la lontananza dalla famiglia, adesso non lo è più».

Perché vi trovate in queste condizioni, tutta colpa del Covid?
«Il Covid ha cambiato il paradigma e il lavoro al Pronto soccorso è peggiorato in modo esponenziale. Nei primi 15 giorni della pandemia, prima che si decidesse di riorganizzare in maniera importante e strutturale i reparti, tutto il peso è stato sul Pronto soccorso. Io quei 15 giorni me li ricorderò finché campo come un incubo. Finita quella fase il lavoro nostro non è affatto migliorato ma è progressivamente peggiorato, gli operatori che lavorano in Pronto soccorso sono stanchi, esauriti, siamo sempre gli stessi, siamo sempre meno, il rapporto con il paziente è peggiorato, c’è una sfiducia diffusa. Ci sono tanti che sono scettici ma senza questo rapporto di fiducia nessun lavoro di medicina si riesce a fare».

Indubbiamente il vostro lavoro è fondamentale e il Pronto soccorso è un presidio di garanzia per tutti, perché si è giunti a questo punto?
«Il problema è che il lavoro del medico dell’emergenza urgenza non è attrattivo.

Quest’anno si sono accorti che c’era una grossa carenza in questa specialità e sono stata finanziate più di mille borse di studio per le scuole di specializzazione ma più della metà sono andate deserte alla prima scelta dei giovani medici che avevano superato il concorso nazionale. Ad Ancona credo che siano stati occupati solo 12 posti dei 22 disponibili». 

Qual è, dunque, la prima misura da adottare?
«È la leva economica, non la ritengo il fattore principale ma è quella che può consentire una risposta a breve termine. Uno specializzato al primo incarico da noi guadagna 2.500 euro netti al mese, in Germania 8.300, in Inghilterra circa 5.000 sterline. Il decreto Calabria consente di assumere anche specializzandi al quarto o al quinto anno, che cumulano lo stipendio con la borsa di studio: 1.800 euro lordi al mese. La proposta è interessante ma ho parlato con giovani che preferiscono finire la scuola di specializzazione e andare poi all’estero. Se ne vanno, come vedete, anche coloro che già lavorano nei Pronto soccorso. L’aumento significativo dello stipendio consentirebbe di trattenere qualcuno e di attirare qualcun altro riprendendo anche a fare formazione nei reparti, come a Marche Nord non si fa più per mancanza di personale. Comunque, per risolvere definitivamente il problema, attraverso le borse di studio messe a bando, con un numero di specialisti congruo per riempire tutti i Pronto soccorso d’Italia ci vorranno otto o dieci anni».

E nel frattempo?
«Nel frattempo, una misura intermedia può essere la destinazione parziale al Pronto soccorso, con una percentuale di ore lavorative, dei nuovi assunti tramite i concorsi delle specialità equipollenti come Chirurgia, Cardiologia, Pneumologia o Gastroenterologia. Su questa misura ora si sta orientando anche la nostra azienda rispetto al concorso di chirurgia già espletato».

C’è poi l’urgente attualità, fino all’altro giorno alcuni turni del periodo natalizio erano scoperti nel presidio di Fano, pur avendo in questa fase i medici del Pronto soccorso rinunciato ai riposi.
«Su Pesaro a martellate siamo riusciti a coprire i turni, su Fano nelle ultime ore si sono resi disponibili i colleghi della Chirurgia, che ci vengono in aiuto anche in questo periodo festivo. Quindi abbiamo scongiurato disservizi nell’attività fino all’anno nuovo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA