Scrittore pesarese salvato sul treno
in fiamme: «Un eroe da romanzo»

Scrittore pesarese salvato sul treno in fiamme: «Un eroe da romanzo»
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Venerdì 9 Dicembre 2016, 06:45

PESARO Salvo grazie a un eroe che sembra uscito da un suo tratto di penna. Alessandro Forlani, scrittore e docente all’Accademia di Belle Arti di Macerata, si trovava sul treno bloccato sotto la Galleria di Varano per un incendio sul convoglio. Forlani, pesarese di 44 anni, è un apprezzato scrittore di steampunk e fantascienza. Ha al suo attivo diversi premi letterari, tra cui l’Urania.
 

 


Una carriera di successi che alterna a quella di professore dell’Accademia. E mercoledì si stava recando proprio a Macerata in treno quando è stato risucchiato da un incubo di fumo. «E’ stato terribile, soprattutto respirare tutto quel fumo, in una galleria non illuminata e per nulla in regola con le norme di sicurezza – racconta – Devo il mio salvataggio all’aviere di Loreto che porta il mio stesso nome di battesimo, Alessandro. In pratica il tipo di personaggio che mi piacerebbe essere in quasi ogni mio racconto, ma alcuni nascono eroi ed altri scrittori. Scesi dal treno ci siamo incamminati nel buio più assoluto e nel fumo, da subito acre, che bruciava la gola, verso l’uscita della galleria distante 3 km. Dovevamo percorrere un marciapiede di sicurezza largo si e no 50 cm, continuamente interrotto da ciottoli, fango, detriti, rottami».

 

«Prima che Alessandro arrivasse - prosegue - ho provato a stare dietro gli altri passeggeri. Li seguivo, ma ho inciampato sui detriti e sono caduto, quindi di colpo mi sono ritrovato nel buio. Ho pensato che avessero deviato per un’uscita di sicurezza (che invece non esiste) e che quindi, procedendo diritto, avrei rischiato di perderli e di perdermi. Quindi ho gridato: “Sono rimasto indietro!” Lui mi ha sentito ed è tornato indietro. Mi ha incitato a correre e abbandonare il bagaglio e la giacca, ma non mi sembrava il caso di lasciare lì le mie cose che comunque, aveva ragione, mi appesantivano». Aveva con sé il materiale per l’Accademia? «Sì, infatti. Per non perderci di nuovo ci siamo presi a braccetto, ma lui insisteva a voler correre: era molto più allenato e leggero di me, ma io non avevo neppure scarpe adatte a un percorso del genere e sono caduto altre due volte. Il fastidio agli occhi e alla gola a causa del fumo peggiorava, avevo ormai il fiatone ed ero anche indolenzito per le ripetute cadute. Non vedevo nulla. Ho pensato anche di potermi fermare a prendere fiato, sottostimando il pericolo, e lui mi ha chiesto: “Cosa vuoi fare?”. Io: “Beh, voglio uscire” . E lui: “E io voglio vivere”, quindi ha ripreso a trascinarmi, puntando di volta in volta lo schermo acceso del cellulare sulle nicchie dov’è segnata la distanza dalla fine del tunnel, e contando a voce alta alla rovescia per farci coraggio Resta ora da vedere se il salvataggio si tradurrà in un racconto. «Non nello specifico - chiosa - ma tutti i dettagli di cui prendevo mentalmente nota mentre camminavo nel buio sono narrativamente molto utili: il fatto che già dopo pochi metri è inutile che qualcuno abbia una torcia perché non la si vede più, o che l’intossicazione non è graduale ma anche che avevo gente di fianco che in preda al panico correva sui binari.
Ok che è binario unico lì sotto, ma, anche nel pericolo, a me non è assolutamente passato per la testa».

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