Il dragone sparito dal Duomo era nel suo capannone: ora un noto gallerista rischia di andare a processo

Il dragone sparito dal Duomo era nel capannone: ora un noto gallerista rischia di andare a processo
Il dragone sparito dal Duomo era nel capannone: ora un noto gallerista rischia di andare a processo
di Miléna Bonaparte
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Sabato 30 Settembre 2023, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 08:09

PESARO Rischia di finire a processo il noto antiquario pesarese Giancarlo Ciaroni, sessantenne originario di Cattolica, con gallerie a Milano e la prima, quella storica in città, l’Altomani. È indagato per ricettazione ed esportazione illecita di beni culturali per la vicenda del misterioso doccione, un drago alato in marmo bianco e rosa di Candoglia del peso di 365 chili, che si era staccato dalle guglie del Duomo di Milano nel 1943, in pieno conflitto bellico, e del quale durante la guerra si erano perse le tracce e che, dopo ricerche in mezza Europa, è stato ritrovato, nel dicembre 2022, chiuso in un capannone di proprietà di Ciaroni in zona Vallefoglia


Il 6 ottobre dal giudice


 

La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio del mercante d’arte il 6 ottobre si aprirà l’udienza preliminare.

Rappresenta l’accusa il pubblico ministero Francesca Crupi che ha coordinato le indagini, svolte dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Monza che hanno rintracciato, sequestrato e restituito il ”gargoyle” alla Veneranda fabbrica del Duomo. Un duro colpo per l’antiquario pesarese che, in un’azione congiunta insieme ai militari di Ancona, nel 2018 ha ricevuto il Premio Rotondi per i salvatori dell’arte in seguito al felice esito dell’Operazione Barocci che ha portato al recupero di un frammento e alla riconquistata integrità di una preziosa tela del Duomo di Urbino, dalla quale 35 anni prima era stato asportato il particolare di un fanciullo. 


Ciaroni ha ricevuto anche una lettera di encomio dal Ministero per il ritrovamento di affreschi e collabora a Pesaro per la ricerca di statue romane esportate illegalmente. Ora la sorte si è ribaltata e il noto antiquario rischia il processo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il dragone alato, dopo il distacco dalla cattedrale sarebbe stato trafugato durante la guerra. Tra l’aprile 2018 e il febbraio 2019 del doccione sono riapparse notizie quando l’antiquario ha presentato all’ufficio esportazioni di Verona due richieste di libera circolazione con dichiarazioni non veritiere. Ciaroni aveva sostenuto che il drago proveniva dal Nord Europa e non apparteneva all’ente ecclesiastico, riuscendo così ad ottenere il lasciapassare. Il “gargoyle” è stato quindi recuperato nei Paesi Bassi da dove, dopo il restauro, il mercante d’arte lo intendeva vendere alla principale fiera d’arte europea di Maastricht. 

Il gallerista ha invece sempre sostenuto di avere acquistato il drago alato «in buona fede per circa 20.000 euro nel luglio 2018 da un antiquario di Brescia ignaro della provenienza - ha dichiarato l’avvocato di Ciaroni, Domenico Costantino -, di essere quindi proprietario dell’opera d’arte, di non averla mai sottratta né tentato di esportarla. Ma, al contrario, il proposito era quello di mettere a disposizione delle forze dell’ordine il manufatto, dopo averlo fatto restaurare in Olanda, dove aveva capito che si trattava della guglia milanese». 


Andando indietro nel tempo, avrebbe venduto il doccione a Ciaroni un discendente dell’imprenditore edile milanese Giuseppe Torno, al quale sarebbe stato donato dalla Fabbrica del Duomo. Scoperto che il gallerista lo aveva portato illegalmente in Olanda, la pm Crupi ha ottenuto il sequestro preventivo del manufatto, poi ritrovato a Vallefoglia, in base alle indicazioni fornite a suo dire dal gallerista ai carabinieri. 

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