PESARO - Non pagava la tassa di soggiorno al Comune, condannata per peculato. Ma l’avvocatessa Stefania Calma è pronta a dare battaglia in appello perché nel decreto rilancio dello scorso luglio, il reato è stato depenalizzato. La giurisprudenza, su questo caso, è un ginepraio. La storia riguarda una albergatrice pesarese che aveva omesso di versare la tassa.
All’epoca dei fatti, cinque anni fa, aveva in gestione tre alberghi sul lungomare tra cui Astoria, Holiday e Cesar. L’imposta da versare era di 9000 euro, ma la signora si è vista arrivare le ingiunzioni di pagamento, ma non avendole corrisposte il caso è finito davanti al Gup e l’imprenditrice è stata accusato di peculato. Il Comune di Pesaro non si è costituito parte civile. Durante il dibattimento la difesa aveva fatto emergere che la signora aveva provveduto a saldare il debito.
Pagamento onorato
Un pagamento onorato anche chiedendo aiuto ai parenti, ma il procedimento è andato avanti ugualmente. Eppure recentemente infatti una sentenza ha fatto giurisprudenza su questo caso. Un albergatore siracusano rischiava una condanna penale per aver incassato nel 2017 e non ancora restituito al Comune l’importo, piuttosto ingente. Le accuse di peculato erano cadute perché secondo una norma, di carattere tributario, del decreto legge del 19 maggio 2020 (decreto rilancio), «non è configurabile il delitto di peculato nella condotta del gestore della struttura ricettiva che ometta di versare al Comune le somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno».
Incasso dimezzato
Il Comune di Pesaro, durante i mesi della pandemia, aveva spostato la riscossione della imposta di soggiorno di qualche mese. L’amministrazione per il 2020 aveva previsto entrate pari a 1.350.000 euro, ma visto il calo del turismo, al fine 2020 ha incassato la cifra di 627.403 euro.
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