Pesaro, sfruttava e ricattava i migranti
sequestrando i documenti: arrestata

Pesaro, sfruttava e ricattava i migranti sequestrando i documenti: arrestata
di Luigi Benelli
3 Minuti di Lettura
Giovedì 20 Settembre 2018, 10:34
PESARO - Ci sono immagini che mostrano dei richiedenti asilo mentre lavorano a prodotti tessili all’interno della struttura di accoglienza di San Geronzio. Una prassi che è andata avanti per un po’ e che ha insospettito gli operatori della Coop Labirinto. Tanto da segnalarlo ai carabinieri del Nucleo Tutela del Lavoro. Un’indagine, ribattezzata Operazione Cina 1, lunga che ha portato all’arresto di una imprenditrice cinese di 62 anni, residente sul territorio, per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, ovvero il “caporalato”.
  
I carabinieri Hanno scoperto che la donna aveva messo in piedi una prima attività in una casa alla Smirra di Cagli. Qui, in ambienti fatiscenti e tutt’altro che sicuri, “lavoravano” i migranti. A loro prometteva soldi e contratti ma le paghe non sono mai arrivate. Eppure i ragazzi, richiedenti asilo, erano sotto scacco. Lei aveva i loro documenti, o quanto attestava che erano in Italia come richiedenti protezione internazionale. Un elemento che fa capire come li potesse tenere sotto controllo, perché i ragazzi, senza quelli erano come clandestini. Il primo centro fu chiuso ad aprile, l’attività sospesa perché impiegava lavoratori in nero e lo stabile sequestrato perché non rispondeva ai requisiti di sicurezza.
Ma lei non ha smesso, tutt’altro. Lavora nel tessile come terzista su commissione di altre aziende della zona, alcune di queste incappate in sanzioni amministrative perché non avevano appurato in che condizioni lavorassero i dipendenti della cinese. Così alcune aziende hanno chiesto che gli operai fossero sotto contratto per poterle riaffidare dei lavori. Ne ha stipulati due, ma a insaputa dei dipendenti, che hanno continuato a produrre credendo di essere in nero. Quattordici lavoratori totali, 8 pakistani, 3 senegalesi, un gambiano, un bengalese e uno della Nuova Guinea. Il tutto per un giro di affari importante. I carabinieri stimano retribuzioni evase per 20 mila euro più 10 mila tra contributi e obblighi Inail/Inps. In questa seconda fase aveva trovato un nuovo stabile e andava a prendere i lavoratori direttamente alla casa di accoglienza dei migranti. Tra questi c’erano anche due clandestini totali, reclutati tramite conoscenze. Turni massacranti da 10 12 ore e la possibilità di alloggiare direttamente nel luogo di lavoro. Più che camere, giacigli di fortuna, fatiscenti, degradati.
 
L’imprenditrice è stata arrestata a Fiumicino al rientro in Italia dopo essere andata per qualche giorno nel suo Paese di origine: i militari dell’Arma non l’hanno persa d’occhio neanche durante il suo allontanamento dall’Italia ed hanno ricostruito i suoi movimenti con attività tecnico amministrative. Saputo il volo in cui si era imbarcata l’hanno aspettata in aeroporto e l’hanno arrestata con ordinanza del Gip Vito Savino di Urbino. Ora è in carcere a Civitavecchia. Per il maggiore Gianfranco Albanese del Ntl di Venezia, aiutato dal maresciallo maggiore Matteo Panfili della stazione di Cagli e dal maresciallo maggiore Fabrizio Notarnicola del Nil «un’operazione importante, la seconda a Pesaro in pochi mesi. L’intermediazione illecita e lo sfruttamento di manodopera non è un fenomeno diffuso solo al Sud, ma anche nel centro nord come dimostrano questi casi. Qui abbiamo assistito anche a un caso particolare con l’occupazione dei cittadini privi di permesso di soggiorno».
 
«L’arrestata ha approfittato infatti dello stato di bisogno dei ragazzi, tutti cittadini immigrati richiedenti asilo e protezione internazionale, in cerca di lavoro ed in condizioni di indigenza, vulnerabilità e di estremo bisogno di guadagnare per la sopravvivenza propria e dei rispettivi familiari rimasti nei Paesi di origine, sottoponendoli a condizioni di sfruttamento lavorativo e fornendo loro sistemazioni alloggiative di assoluto degrado. Li teneva sotto scacco trattenendo i documenti, un dato che si configura ai limiti del reato di tratta di esseri umani. Continueremo a vigilare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA