Dalle uova alla carne, passando per le tipicità: non solo rincari, ma anche ritardi e ordini contingentati

Dalle uova alla carne, passando per le tipicità: non solo rincari, ma anche ritardi e ordini contingentati
Dalle uova alla carne, passando per le tipicità: non solo rincari, ma anche ritardi e ordini contingentati
di Letizia Francesconi
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Venerdì 25 Marzo 2022, 10:10

PESARO - I rincari non si fermano e non si intravede ancora quell’inversione di tendenza, auspicata da attività economiche e consumatori. Anzi nelle ultime settimane, a sentire il polso di grossisti e fornitori dei nostri ristoranti o pubblici esercizi in genere, la situazione è tutt’altro che migliorata, soprattutto per alcune tipologie di generi alimentari. 

Il trend non cambia
E così per un ristoratore o un albergatore in procinto di riaprire la propria struttura, rifornirsi di prodotti d’ogni genere alimentare e non solo, è sempre più caro. Ne sanno qualcosa attività come “C’era una volta”, “Osteria Pasqualon”, “Maremosso” e hotel annuali, tuttora aperti come il ristorante dell’Alexander Palace, che mensilmente si trovano con un listino prezzi, ritoccato da una settimana all’altra. «Tutti i mercati e le aziende anche fuori regione, da cui ci approvvigioniamo sono in fermento – conferma Fabrizio Tonelli, rivenditore locale di Cubia alimentari – e tutto spalmato su un territorio vasto, che dalla vicina Romagna arriva a Pesaro fino a Fano e Marotta». Un nuovo aumento colpirà i fornitori del settore ristorazione e catering per gli ordinativi di uova, e tutto mentre manca meno di un mese alla Pasqua con pasticcerie, forni e ristoranti alle prese con i tradizionali dolci della festa. 
Il caso
«Saremo costretti ancora una volta a comunicare ai nostri ristoratori e albergatori – entra nel merito il responsabile di zona Cubia – un ulteriore ritocco ai listini finora praticati. Proprio ieri un’azienda importante con sede a Bologna nostra fornitrice ha comunicato il nuovo listino in vigore dal primo aprile. Ormai la guerra dei prezzi, si gioca da una settimana all’altra e la crisi Ucraina in atto, non aiuta a fermare gli aumenti. In questo caso il prezzo per l’approvvigionamento delle uova, salirà ancora rispetto agli ultimi 15-20 giorni. Significa che probabilmente si andrà oltre un aumento sul costo di acquisto già del 30%. Comunicazione alla mano, le imprese fornitrici giustificano tutto questo per i continui rincari delle materie prime, soprattutto cereali e per la mancanza di uova, a livello nazionale con un aumento delle quotazioni nei tre mercati di riferimento. In sintesi, le prospettive sono tutt’altro che rosee»
Ma cosa sta aumentando a tal punto da sobbarcare le nostre attività di costi su costi? 
I settori più colpiti
«Partiamo dalle uova – entra nel dettaglio Tonelli, che a Pesaro e Fano, rifornisce la maggior parte delle attività – sei mesi fa si vedevano a circa 11 euro al cartone mentre in questo momento siamo arrivati a 16 euro al cartone. Tutti i mercati della macelleria sono al rialzo con un’impennata senza precedenti, e un aumento di oltre un euro al chilo che ricade su noi grossisti. Si va oltre il 10% per il rifornimento di macelleria e pollame per le attività di ristorazione. E così su richiesta di alcuni ristoratori, pur di risparmiare 3 euro al chilo su quantitativi importanti c’è chi richiede anche pollame che proviene dalla Germania. Continuano le difficoltà su oli di semi di girasole e altri per friggere, con confezioni sempre più centellinate. Un esempio sono gli ordini contingentati e i ritardi nelle consegne che proseguono per semi di soia e olio di arachidi. Qualche difficoltà anche per la pasta, dove da una decina di giorni si attende per la nostra zona, la consegna dal gruppo La Molisana e con ulteriori aumenti. Per l’olio di girasole possiamo consegnare non più di 40 litri a cliente a settimana, e per ogni ordine». 
La ricaduta
Come in un vortice si trovano attività di pubblici esercizi e ricettive, e non va meglio anche per chi si rifornisce a chilometro zero e con prodotti della nostra provincia.

Per esempio una tipicità come la “casciotta di Urbino” viaggia su un aumento intorno al 15 per cento e se prima si vendeva a 11 euro e 90 centesimi al chilo ora è arrivata a 13 euro e 50 al chilo. «I conti sono presto fatti per la gran parte dei ristoranti e locali pesaresi – conclude il referente Cubia – fra i clienti su una fattura di mille euro per un rifornimento misto, un ristoratore spende in media 150 euro in più. E più in generale se prendiamo un paniere allargato e per quantitativi maggiori, si è passati da un costo in capo alle attività per l’ingrosso che da 5 mila euro in un mese arriva a 5.500-5.700 euro».

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