Dal clan alla banda di rapinatori di orologi di lusso, ma nega tutto: «Ero in vacanza»

Dal clan alla banda di rapinatori di orologi di lusso, ma nega tutto: «Ero in vacanza»
Dal clan alla banda di rapinatori di orologi di lusso, ma nega tutto: «Ero in vacanza»
di Luigi Benelli
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Domenica 27 Marzo 2022, 06:00

PESARO - Interrogatori di garanzia per i tre giovani arrestati per la rapina del Patek Philippe in strada di Campanara a Pesaro nell’agosto 2020. Si tratta di due 43enni e un 33enne di Napoli, due indagati sono stati rintracciati a Napoli (uno ai domiciliari) ed il terzo già detenuto a Roma. Ieri mattina gli interrogatori di garanzia davanti al Gip di Pesaro.

Due di loro hanno fatto scena muta, compreso il membro già arrestato per aver rapinato la giornalista Cesara Buonamici, ma un terzo membro, Lucio M. 33 anni ha reso dichiarazioni spontanee assistito dal suo avvocato Giuseppe Perfetto.

Tatuato in tutto il volto, anche con una corona di spine sulla fronte e lacrime. Ciglia tatuate, barba lunga. Ed è proprio su questo che ha fatto leva.

Dichiarazioni spontanee

Ha detto di essere stato in vacanza negli stessi alberghi frequentati dagli altri due giovani raggiunti dalla misura di custodia cautelare. E ha negato di essere responsabile di quella rapina. «E’ una persona facilmente individuabile, è un uomo di 1 metro e 90 per 150 kg – spiega l’avvocato Perfetto – interamente tatuato in volto, oggettivamente molto riconoscibile. Eppure non è stato identificato dalle vittime della rapina». Uno degli arrestati viene riconosciuto tramite il dna lasciato sul cappellino trovato davanti alla villa e analizzato dal Ris dei carabinieri di Roma. L’altro tramite la targa della macchina a lui intestata. Il terzo figurerebbe sul luogo della rapina tramite la cella telefonica. «Si parla di cella individuata nei dintorni, dunque è un aspetto da chiarire. Sicuramente faremo riesame per chiedere di revocare la misura». Ma anche per poter accedere agli atti dell’indagine. L’indagato è già in carcere per reati connessi al traffico di stupefacenti e per estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’uomo farebbe parte di un clan camorristico dell’area occidentale di Napoli. Con un complice, successivamente diventato pentito, nel 2020 avrebbe tentato di imporre a un altro soggetto, con minacce e percosse, il pagamento di una tangente estorsiva di 10.000 euro affinché potesse continuare indisturbato a svolgere la sua illecita attività di truffatore. Sui siti partenopei emergono molti particolari, tra cui un bacio tra lui e un altro “ras” della zona come per suggellare una sorta di patto. A febbraio è stato di nuovo protagonista delle cronache. Direttamente dalla sua cella del carcere di Rebibbia. Dove un drone di notte si era avvicinato alla finestra. Una mano aveva preso il carico. Il tutto non era passato inosservato agli agenti della polizia penitenziaria. E a finire nei guai era stato il 33enne ritenuto membro di spicco del clan di Bagnoli e altre due persone che con lui condividevano la cella.

Protagonista delle cronache

Sequestrati cinque smartphone, sette microtelefonini, una ventina schede sim e quattrocento grammi di hashish, un quantitativo sufficiente a confezionare circa seimila dosi di fumo. Ora gli viene contestata la rapina in concorso, davanti alla villa dell’imprenditore. I tre avevano visto l’uomo a Riccione, notando il suo Patek Philippe. Poi l’avevano seguito e davanti al cancello della villa avevano malmenato lui e la moglie depredandoli dell’orologio da 40mila euro. Le indagini dei carabinieri di Pesaro e Borgo Santa Maria hanno stretto il cerchio sul terzetto.

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