Pesaro, mega truffa dei falsi prodotti
agricoli bio: in tre rinviati a giudizio

Pesaro, mega truffa dei falsi prodotti agricoli bio: in tre rinviati a giudizio
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Mercoledì 20 Dicembre 2017, 11:06 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 18:29
PESARO - La chiamarono “Gatto con gli stivali” e fece tremare il settore dell’agricoltura biologica di mezz’Italia, con il coinvolgimento di 40 imprese, impegnate nella produzione e commercializzazione di cereali e frutta, localizzate in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Puglia, Sardegna e nelle Marche. L’ultimo strascico di quell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza di Verona, su input degli inquirenti pesaresi, che nel dicembre di sei anni fa portò a sette arresti da Verona a Foggia e al sequestro di 2.500 tonnellate di derrate alimentari falsamente certificate come biologiche, si consumerà davanti al Tribunale collegiale di Pesaro.

Infatti, il giudice per l’udienza preliminare Giacomo Gasparini ha rinviato a giudizio tre imputati con l’accusa di aver promosso od organizzato un’associazione per delinquere finalizzata alla frode nel commercio di prodotti alimentari, ai reati tributari e alle false certificazioni.

Si tratta di Augusto Mentuccia di Fano, già presidente della società di certificazione biologica Suolo e Salute; Alessandro D’Elia di Bologna, direttore tecnico della medesima società di certificazione, e Paolo Petetta di Tolentino, produttore e intermediario agricolo. La data del processo è stata fissata al 22 marzo. Secondo il pubblico ministero Silvia Cecchi i tre sono responsabili del sodalizio criminale, che davanti al Gup di Verona ha già portato a vari patteggiamenti.

L’indagine si riferisce allo smercio di prodotti classificati come biologici, ma che in realtà erano frutto di coltivazioni convenzionali, nel periodo dal 2007 al 2010. Un giro d’affari colossale quantificato a suo tempo in 700mila tonnellate di derrate alimentari (pari al 10% del mercato nazionale) per un valore di 220 milioni di euro, con un giro di fatture false per transazioni inesistenti di 200 milioni di euro.

Ma i difensori di Mentuccia e D’Elia, gli avvocati Biancofiore, Cannistraro e Sgubbi, contestano all’accusa la mancanza di prove per l’associazione per delinquere, dedotta meramente dai ruoli ricoperti dagli imputati nella società di Suolo e Salute, che invece si professa del tutto estranea ai reati tanto da aver collaborato con gli inquirenti. Lo stesso sostiene l’avvocato Brizi per Petetta, il quale dice di non conoscere gli altri imputati con cui avrebbe costituito il sodalizio criminale.
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