PESARO - Fine settembre 2021. Laura Paterniani, giovane insegnante di ruolo all’istituto Bramante di Fermignano, si accorge che lo stipendio non le è stato accreditato. Lo stesso il mese dopo e il mese dopo ancora: a gennaio 2022 sono cinque gli stipendi sfumati nel nulla. Il tutto, probabilmente, per un cavillo burocratico. L’odissea inizia quando nel 2019 Laura, che allora insegnava a Mercatino Conca, si ritrova tra gli insegnanti con diploma magistrale conseguito nel 2001/2002 licenziati a seguito del Decreto Dignità.
Laura impugna il licenziamento, le procedure vanno avanti, viene assunta con riserva presso la scuola media Leopardi di Pesaro dove lavora fino giugno 2021; la Leopardi invia il documento cartaceo che attesta la risoluzione del contratto a partire da fine giugno alla Ragioneria di Stato il 12 giugno. «A luglio ho ricevuto la convocazione dal Miur per aver vinto un Concorso del 2018 - racconta Laura - ho iniziato a lavorare a Fermignano e a fine settembre l’amara sorpresa».
E tutto tace, perché dal Mef non rispondono e in Regione dicono che senza istruzioni da Roma non possono procedere; le mie mail hanno ricevuto solo conferma di lettura, null’altro. Il sindacato consiglia di assumere un avvocato, ma sinceramente è una ulteriore spesa che non voglio sobbarcarmi». Sulla questione di è intervenuto Fabio Sebastianelli, coordinatore regionale del Popolo della Famiglia, che chiede alle istituzioni competenti di fare chiarezza.
«E’ paradossale che a non rispettare l’articolo 36 della Costituzione sia la scuola, quindi lo Stato: se la stessa cosa fosse successa nel privato si sarebbe scatenato uno scandalo mediatico senza precedenti - afferma - Un paradosso gravissimo in cui, abbiamo scoperto, versano anche altri insegnanti nella nostra regione. L’ufficio scolastico deve assumersi l’impegno di risolvere al più presto questa situazione vergognosa».