Infermieri di famiglia, questi sconosciuti: ne serve uno ogni 3mila abitanti

Infermieri di famiglia, questi sconosciuti: ne servono almeno 3mila a Pesaro
​Infermieri di famiglia, questi sconosciuti: ne servono almeno 3mila a Pesaro
di Miléna Bonaparte
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Domenica 16 Aprile 2023, 04:20 - Ultimo aggiornamento: 11:58

PESARO - L’infermiere di famiglia e comunità è ancora un miraggio in un territorio all’anno zero, tra grave carenza di personale e turni massacrati specie in ospedali e pronto soccorso: di queste figure professionali chiave del sistema sociosanitario ce ne dovrebbe essere una ogni 3.000 abitanti, ma Regione e Ast 1 sono in pauroso ritardo rispetto alle necessità delle strutture della provincia. È uno dei temi emersi durante l’assemblea annuale dei 2.300 iscritti all’Ordine delle professioni infermieristiche di Pesaro Urbino che si è riunita ieri mattina nella sala del consiglio comunale. 


L’analisi


Un’analisi a tutto tondo, affidata alla relazione della presidente dell’Opi Laura Biagiotti che ha aperto l’incontro ricordando i 90 colleghi morti durante la pandemia e i quasi 480 mila operatori sanitari contagiati dal virus, molti dei quali vittima di burnout, disturbi del sonno e incapacità a gestire lo stress. «Durante il Covid gli infermieri sono stati celebrati da tutti - ha ribadito la presidente dell’ordine -, oggi troppo spesso tornano nel cono d’ombra.

Bisogna disinnescare questo rischio, a partire da nuovi investimenti nel personale. L’idea deve essere quella di definire una nuova assistenza territoriale e di prossimità, decongestionando così gli ospedali e dando cure e risposte adeguate ai cittadini».

E proprio sulla mancata introduzione della figura dell’infermiere di famiglia e comunità, Laura Biagiotti ha lanciato un appello: «Dobbiamo spingere la Regione a portare a termine questa riorganizzazione e non far passare più altro tempo. La nostra sanità è malata. Il servizio sanitario appare sempre più incapace di svolgere in autonomia le sue funzioni, mentre i cittadini sono destinati a vedere la salute sempre più condizionata dalla loro situazione economica. Semplicemente chi ha soldi si cura, chi non li ha si mette in lista d’attesa. In provincia siamo arrivati a 14 mesi per un esame di diagnostica strumentale, come una radiografia e una Tac». 


Il Milleproroghe


Nel mirino degli infermieri è finito quindi il decreto Milleproroghe: parte delle norme varate per affrontare l’emergenza sanitaria sono state confermate dal governo, per esempio il nodo delle assunzioni di infermieri stranieri senza i necessari titoli di studio e requisiti professionali, e con scarsa conoscenza della lingua, in deroga all’iscrizione all’albo fino al 31 dicembre 2025. «La conseguenza è che, per esempio nelle nostre Rsa e case per anziani, operi del personale infermieristico il cui apprendimento dell’italiano non è sottoposto a controlli di nessun tipo - ha fatto notare la presidente Biagiotti -. Infermieri senza alcuna vigilanza, non essendo iscritti all’ordine provinciale. Ritengo che la normativa debba essere ripensata, non abolita, è un po’ preoccupante fare svolgere un così delicato servizio senza garantire ai cittadini la piena certezza di essere assistiti da professionisti certificati».


Le tematiche


Si è parlato quindi dell’obbligo per l’infermiere alla formazione continua in medicina. «L’aggiornamento è lo zaino del professionista, è necessario riempirlo costantemente - ha ricordato Biagiotti -. Quello che a noi interessa è far passare la cultura dell’obbligo morale e deontologico nei confronti del cittadino, per il raggiungimento di standard assistenziali di spessore scientifico. Questo perché la formazione e l’aggiornamento non sono una mera raccolta punti, come al supermercato, ma un percorso effettivo e qualificato». Si è parlato infine dell’allentamento del vincolo di esclusività per i dipendenti del pubblico impiego a favore della libera professione, stabilito dal decreto del governo soltanto fino al 2025. «Un limite temporale e una sorta di ”non per sempre” che rappresenta un dietrofront e ci lascia con l’amaro in bocca».


Il riconoscimento


Dopo le relazioni e il dibattito è stata premiata la vincitrice del 9° concorso per la “Migliore tesi Monica Crinelli” fra le lauree in infermieristica conseguite nel 2022. Ad aggiudicarsi il bonus di 500 euro è stata Elena Ambrosini, 23 anni, che ha ottenuto il titolo di studio all’università di Perugia il 29 novembre scorso con la discussione della tesi dal titolo ”Assistenza infermieristica a paziente affetto da sindrome dell’arto fantasma: trattamento, riabilitazione, reinserimento lavorativo e sociale”. 

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