Picchiato perchè gay fuori dalla disco, ma il giudice non riconosce l'aggravante dell'omofobia

Picchiato perchè gay, ma il giudice non riconosce l'aggravante dell'omofobia
Picchiato perchè gay, ma il giudice non riconosce l'aggravante dell'omofobia
di Luigi Benelli
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Giovedì 8 Luglio 2021, 06:30

PESARO - Ragazzo picchiato fuori dalla discoteca perché gay, non ammesse come parti civili nel processo Arcigay, Anpi e Gens Nova. 
Era il 13 ottobre del 2019 quando accaddero i fatti. A finire sul banco degli imputati tre giovani accusati di lesioni personali aggravate dal “motivo abietto della discriminazione sessuale” e atti persecutori. Si tratta di un 20enne albanese, operaio, pregiudicato, un 27enne di origini napoletane, studente, pregiudicato e una ragazza di Cattolica, studentessa di 27 anni, tutti di Vallefoglia.

«Brutto gay! Qui non puoi stare in questo locale. Vattene via o ti ammazzo» urlavano picchiandolo. Arcigay Agorà Pesaro-Urbino esprime tutta la sua «delusione riguardo la decisione del Tribunale di Pesaro di non riconoscere l’aggravante omofobica nel reato commesso contro un proprio iscritto, studente a Urbino, attaccato verbalmente e fisicamente nei pressi della discoteca Il Colosseo di Montecchio. È evidente dagli atti che gli aggressori non conoscevano la vittima, che hanno attaccato solo perchè riconosciuta come gay. Come è possibile non vedere l’aggravante di omofobia qui? 
È stata persino respinta la nostra richiesta, assieme a quelle di Anpi e Gens Nova, di costituzione di parte civile. Il giudice non riconosce quale danno materiale avremmo subito. Partiamo dal presupposto che il danno lo si dimostra in corso di processo e non prima. Ribadiamo che se si attacca una persona perché fa parte di una minoranza, in questo caso quella LGBT+, proprio perchè fa parte di suddetta minoranza, l’attacco non è solo personale ma riguarda la comunità LGBT+ tutta dunque pure noi di Arcigay. Provocatoriamente invito la comunità LGBT+ di Pesaro e Urbino a farsi picchiare in Provincia di Rimini dove le aggravanti omofobiche vengono riconosciute in processi simili – chiude il presidente Arcigay Giacomo Galeotti - Ci riserviamo il diritto di eventuali ricorsi con i nostri avvocati e continueremo a sostenere tutte le vittime di omolesbobitransfobia come abbiamo sempre fatto».
L’avvocato Marco Defendini, difensore di uno degli imputati invece sottolinea: «Si è trattato di una lite e discussione tra ragazzi senza alcun intento di discriminazione della persona offesa o di qualsivoglia diritto di associazioni o enti».

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