Pesaro, cooperativa in liquidazione:
dipendenti senza paga e indebitati

Pesaro, cooperativa in liquidazione: dipendenti senza paga e indebitati
di Gianluca Murgia
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Martedì 13 Novembre 2018, 10:28
PESARO - Per una paga di 3,50 euro all’ora hanno prestato garanzie per circa 150.000 euro. Sostengono di non essere state correttamente informate e ora rischiano anche di perdere la casa. E’ la storia di una cooperativa che, attraverso personale qualificato, operava da anni nel campo dell’assistenza di malati e anziani e che, oggi, è in liquidazione. Alcuni soci lavoratori, che devono ricevere ancora 4-5 mensilità e Tfr, hanno denunciato il presidente della cooperativa stessa. In ballo c’è una richiesta di archiviazione. La pronuncia è attesa a breve.
Altre tre socie, in parallelo, hanno effettuato un esposto all’Ispettorato del Lavoro perché, oltre agli stipendi mancanti e al Tfr, erano state coinvolte dal presidente in un nuovo progetto di centro diurno assistenziale. Pensavano di garantire alle banche 15mila euro a testa, hanno scoperto poi di essere co-obbligate per tutto l’importo: 150mila euro. Un’esposizione che, nei piani, doveva essere minore e poi pagata dalla stessa cooperativa grazie all’attività.
  
Secondo la ricostruzione fornita, tutti i mesi, entravano soldi, il centro lavorava. I pagamenti pattuiti, però, non avvenivano. Come le spiegazioni: inevase. E oggi, più passano i giorni, più la luce in fondo al tunnel è sfuocata.
 
Un passo indietro: la cooperativa era di fatto ed esclusivamente gestita dal presidente. Questi, nel 2015, suggeriva l’idea di aprire un centro diurno per assistere anziani e malati con servizio anche di trasporto da casa alla struttura. Il presidente richiedeva ai soci un impegno finanziario per realizzare l’iniziativa. «Le lavoratrici, molte delle quali da diverso tempo impegnate nel sociale - spiega l’avvocato Roberto Tonti - malgrado tutte bisognose di portare a casa uno stipendio, non si sono tirate indietro ed hanno cercato di collaborare anche finanziariamente alla realizzazione del centro diurno. Sapevano di dover garantire una minima quota del debito, 8-10mila euro ciascuna, e nel 2016 hanno firmato delle fideiussioni bancarie. Tuttavia nel giro di qualche mese le spese pseudo-preventivate sono passate da 80.000 a 115.000 euro fino a 150.000 euro. Richieste subito - anche personalmente - le spiegazioni del caso, nulla è stato chiarito. Anzi, una serie di comportamenti reticenti anche gravi e ripetuti sono avvenuti nei confronti delle socie». Sono stati interpellati un revisore dei conti e due avvocati ma il presidente della cooperativa non ha mostrato i conti né in che modo venivano spesi i soldi. «Le Banche - rimarca l’avvocato Tonti - non hanno fornito non solo idonee informazioni ma neppure gli atti sottoscritti dalle socie (alle richieste i funzionari dicevano che gli era stato detto che dovevano rivolgersi alla cooperativa). Nel frattempo le lavoratrici non venivano pagate (ognuna deve avere non meno di 15.000 euro). E quando sono venute in possesso dei documenti della Banca è stato un dramma».
 
Le socie si sono rivolte a professionisti, all’ispettorato del lavoro, all’organo di controllo sulle cooperative, alla Procura, ma a distanza di un paio di anni sembra che nulla accada salvo le azioni che le Banche hanno proposto nei confronti delle socie.
«Questa storia deve essere conosciuta - conclude l’avvocato Tonti - perché mette in mostra come attraverso una cooperativa si sfrutti del lavoro di persone peraltro generose; mette in mostra come il sistema creditizio non faccia il suo lavoro perché invischia in situazioni irreversibili persone che rimangano all’oscuro dei veri rapporti fra creditori e debitori. Ma ancora più grave è che non ci sono tutele. Le azioni di controllo sulle cooperative, sui rapporti di lavoro e sulle condotte penalmente rilevanti sono lente, spesso inutili, ed alla fine la parte debole del rapporto è lasciata a se stessa».
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