Le istanze
«Ci sono titolari di attività stagionali e non – osserva Ippaso – ligi agli obblighi contrattuali e altri che non si attengono ai contratti collettivi di inquadramento. Il problema è che ci troviamo con retribuzioni base anche per questo tipo di lavoro, ferme a ormai 30 anni fa. E’ un cambio generazionale e socio culturale quello che stiamo attraversando e l’esempio lampante trova conferma nelle parole di alcuni albergatori o ristoratori. Per certi tipi di mansioni infatti dal servizio di pulizia ai lavapiatti, c’è un ingresso diffuso di lavoratori stranieri residenti sul territorio o altri con permesso di soggiorno».
La formazione
« Le affermazioni di alcuni, che lamentano la carenza di ragazzi adeguatamente formati - prosegue Ippaso - non corrispondono sempre al vero. Una questione che non è del tutto imputabile agli istituti professionali, che si trovano alle prese con difficoltà pratiche e burocratiche, perché servirebbe potenziare l’alternanza scuola-lavoro, aumentando le ore di stage e investendo sul lavoro stagionale come un’attività d’impresa. Spesso invece siamo sotto al 10 per cento degli studenti, che usciti dal proprio indirizzo professionale, scelgono poi di farlo come primo lavoro.
Le vertenze
«Di lamentele e problemi correlati al lavoro stagionale pregresso o in vista della nuova stagione, ne riceviamo già ora ai nostri uffici – riferisce Campolucci – il problema è che in diversi casi tuttora in esame, pur se il nostro ufficio vertenze, riscontra anomalie nei cedolini paga relativi al lavoro della passata stagione, la maggioranza dei giovani non intraprende alcuna azione di tutela. La conseguenza però è che da alcune stagioni, gli stessi ragazzi non si presentano più per fare il barista o il cameriere da giugno a settembre.
Le scorciatoie
«L’altra considerazione riguarda l’applicazione dei contratti ma non soltanto dal punto di vista del monte ore. Per esempio fra le istanze, abbiamo sì contratti full time per tutta la settimana ma almeno si chiede al titolare di attività stagionale, di concedere la giornata di riposo, che spesso fin dalla scorsa stagione, sappiamo invece cassata dalla spiaggia al chiosco-bar o ristorante che sia. Se è vero che Pesaro vuole essere una città a vocazione turistica, perché allora non equiparare il lavoro dell’indotto ricettivo agli altri settori? Nei contratti di lavoro a chiamata purtroppo sia annida ancora tanto sommerso, scavalcando la durata standard di un tempo determinato da giugno a settembre.
La paga reale
«Abbiamo casi di giovani e non solo, inquadrati a chiamata la domenica ma che poi invece restano al bar o al ristorante dal lunedì al venerdì. Se è vero che diversi titolari postano o pubblicizzano una paga mensile piuttosto importante per un cuoco o pizzaiolo che sia, è altrettanto vero che bisogna capire come si arriva a certe cifre al netto, molto spesso fuorviate da istituti come l’accantonamento Tfr o l’erogazione della tredicesima per i tempi determinati, se il contratto stipulato lo prevede».
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