Pesaro, calci e morsi al poliziotto per sfilargli la pistola: aggressore condannato

Pesaro, calci e morsi al poliziotto per sfilargli la pistola: aggressore condannato
Pesaro, calci e morsi al poliziotto per sfilargli la pistola: aggressore condannato
di Luigi Benelli
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Venerdì 6 Dicembre 2019, 05:55

PESARO - Il ricordo di quella giornata in cui subì pugni, morsi e la paura di vedere la propria pistola col colpo in canna nelle mani dell’aggressore. Il fatto risale al 4 settembre ed ebbe una profonda eco in città.

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Ieri l’ultimo atto in tribunale con la condanna dell’aggressore. Si riavvolge il nastro in aula: un ragazzo di 22 anni nigeriano fu visto in bicicletta in via Rossi. Qui attacca la testimonianza in aula del poliziotto Giuseppe Sepede che recentemente ha ricevuto un encomio dal sindaco Matteo Ricci per un’operazione in cui, insieme a un collega, ha salvato la vita a un giovane. «Stavamo facendo un controllo sul territorio, erano le 11,15 e abbiamo notato in bici in via Rossi un ragazzo che raccoglieva un portafogli da donna da terra, ma che poi abbiamo scoperto essere il suo. Gli abbiamo intimato l’alt, ma lui aveva accelerato. Così quando gli abbiamo chiesto i documenti ci aveva insultato e detto che eravamo razzisti. L’agitazione era tanta così abbiamo chiesto i rinforzi. Alla richiesta dei documenti lui ha tentato di darmi un pugno al volto ma l’ho schivato. Aveva un anello a forma di bue con due corna sporgenti».
 

Un particolare su cui accusa e difesa sono tornati più volte. Una sorta di tirapugni per l’accusa, un anello con corna piatte per la difesa. Sepede è andato avanti: «Mi ha dato un pugno al torace e ho sentito le ossa rompersi. Così l’ho afferrato cercando di portarlo a terra. Qui mi ha dato altri due colpi, ma il problema è che ha cercato di afferrare la pistola in due momenti diversi finchè ho sentito l’arma staccarsi dal cinturone. Una frazione di secondo, ma l’ho disarmato, la pistola era carica. È stato usato lo spray al peperoncino, così la pistola è stata allontana e lui ammanettato». Sepede si fece refertare in ospedale ed ebbe 45 giorni di prognosi, il collega intervenuto assieme a lui 7. Sul posto c’era anche un carabiniere in congedo. Il ragazzo, difeso dall’avvocatessa Simona Agostini, ha dato la sua versione, profondamente diversa. In pratica ha riferito che i poliziotti gli avevano preso il documento e portato in auto, poi volevano farlo salire con forza in auto per andare in questura e lui ha reagito. Ha detto di essere stato preso per il collo e che gli agenti si erano seduti sopra di lui e che la pistola era caduta per la colluttazione. I reati contestati erano quindi tentata rapina aggravata riferito alla pistola, lesioni aggravate, porto d’armi improprie riferito all’anello e resistenza a pubblico ufficiale. 
Richiesta esaudita
Il pubblico ministero Valeria Cigliola ha sottolineato la pericolosità del gesto qualora avesse preso la pistola, ricordando alcuni episodi delle ultime settimane e ha chiesto 3 anni e 4 mesi. E ha sottolineato lo spirito non collaborativo del giovane che ha fornito una versione ben diversa da quella accertata.

Il tribunale collegiale ha condannato il senegalese a 3 anni e 4 anni.

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