Art. 1 ci va giù pesante: «Errori, ritardi e inefficienze: la débacle di Marche Nord»

Art. 1 ci va giù pesante: «Errori, ritardi e inefficienze: la débacle di Marche Nord»
Art. 1 ci va giù pesante: «Errori, ritardi e inefficienze: la débacle di Marche Nord»
di Silvia Sinibaldi
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Sabato 21 Novembre 2020, 06:45 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 11:47

PESARO  - Scelte discutibili sui ruoli affidati - in emergenza Covid-19 - ai presidi ospedalieri di Pesaro e Fano, ritardi nell’organizzazione ospedaliera tanto nella prima fase quanto nell’ondata di ritorno in corso, scelte inspiegabili sul fronte della gestione del Laboratorio analisi (struttura centrale nella governance della pandemia) e pensionamento coatto del dirigente: è un atto d’accusa nei confronti dell’attuale dirigenza dell’ospedale Marche Nord, quello firmata da Art. 1 provinciale. «A livello locale abbiamo assistito a discutibili, almeno all’apparenza, strane decisioni della Direzione di Marche Nord, già oggetto di critiche da parte di sindacati, professionisti e cittadini nella prima fase dell’epidemia e reiterate in questa seconda ondata pandemica

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«Ad esempio, il San Salvatore è stato considerato, fin dalla costituzione dell’Azienda Ospedaliera Marche Nord, il presidio con la maggior complessità clinico-diagnostica e, pertanto, ci è sempre apparsa inconcepibile la decisione, nella prima fase, di individuarlo invece come ospedale Covid provinciale con il risultato pratico di non riuscire più a gestire gli accessi al Pronto soccorso e dover spostare praticamente tutta l’attività clinica al “Santa Croce“ di Fano creando, durante il periodo in cui la provincia era stata dichiarata “zona rossa”, una pericolosa commistione di pazienti e professionisti dei due presidi che si è riequilibrata solo all’inizio della scorsa estate. Viste le polemiche sollevate da tale decisione ci saremmo aspettati, in previsione della seconda ondata epidemica, una diversa organizzazione e invece assistiamo ad una rimodulazione del ruolo dei due presidi sullo stesso modello organizzativo della scorsa primavera».

Art. 1 segnala altri ritardi come quello registrato nell’attivazione di 41 posti letto di terapia intensiva (i cui primi 10 sono stati attivati pochi giorni fa) e 27 di sub intensiva al “San Salvatore”». Un’operazione non solo in grave ritardo ma che è già costata «lo spostamento di tutto il Dipartimento Materno Infantile a Fano con il “rischio” ulteriore, nel caso in cui peggiori il quadro epidemiologico, di dover trasferire anche l’attività chirurgica visto che tutto il padiglione F è in fase di radicale ristrutturazione per l’attivazione dei posti letto di terapia intensiva e sub intensiva. A cosa è dovuto questo grave ritardo visto che la programmazione nazionale e regionale risale a giugno? ». 
Secondo Art.1 sarebbe stato opportuno invertire questo assetto logistico e concentrare tutta l’attività clinica nel presidio con la maggiore complessità clinico-tecnologica, e lasciare a Fano il ruolo di Covid Hospital. 

Altro dato accertato, secondo Art. 1 - il ritardo, di circa un mese (fine marzo) rispetto all’esplosione dei contagi per l’attivazione di un proprio laboratorio di diagnostica molecolare (ovvero di processazione dei tamponi) del coronavirus. «Quanto è costato alla collettività questo grave immobilismo e perché ciò è avvenuto? A fronte di questa situazione non si è trovato altro da fare se non mandare in pensione “coatta” il dirigente che, a marzo, aveva assunto l’iniziativa di richiedere urgentemente l’attivazione di un laboratorio di diagnostica del Covid-19, precedentemente assicurata dal laboratorio regionale di virologia, che è avvenuta alla fine di marzo e risulterà determinante per la lotta al contagio, per il contenimento dei focolai seguiti alla fase estiva e, ora, per il controllo clinico e epidemiologico di questa seconda ondata.

Numerosi esami sono stati inviati all’ospedale di Ascoli Piceno lasciando senza risposta centinaia di cittadini che attendono da settimane una risposta a (centinaia) di test diagnostici collegati a malattie gravi. La soppressione di queste diagnostiche ha costretto i pazienti a rivolgersi esclusivamente al privato o all’ospedale regionale. Si poteva attendere (almeno) la fine del periodo emergenziale visto che, proprio per tali motivi, il dirigente in questione era già stato prorogato in servizio. È anche per l’attuale difficoltà di garantire diagnostiche adeguate in tempi utili al contenimento del contagio che questa decisione di modificare l’assetto di un gruppo che, insieme alle strutture territoriali, era stato determinante nel contrasto alla epidemia, ci sembra inadeguata e, quantomeno, inopportuna». 

«In tutto questo - conclude Art. 1 - la destra, in Regione, baldanzosa e arrogante durante la campagna elettorale ora sta dando l’idea di brancolare nel buio assumendo decisioni improvvisate e caotiche ma su questo torneremo».

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