PESARO - Sono a pochi passi dal nuovo Museo archeologico Olivierano (dove è in corso la ristrutturazione per inaugurare a ottobre dopo l’anteprima estiva) le più antiche case pesaresi. Via delle Galigarie, angolo via Mazza. Un luogo estremamente circoscritto, duecento passi appena, eppure così ampio nello sguardo che apre in prospettiva sul passato della città, collegato a quello del resto del mondo antico.
Ma le fondazioni delle capanne picene, pur rappresentando un reperto significativo per ricostruire la storia degli antenati di Pisaurum, non hanno mai fatto parte di un percorso archeo-didattico-turistico insieme ai resti delle mura romane che sopravvivono lì vicino. Nessuna segnalazione, nessun pannello illustrativo.
Le vestigia
Le preziose vestigia al centro dell’attenzione degli studiosi sono state lasciate volutamente nel loro sito, immerse però tra le erbacce, gli immancabili murali e qualche rifiuto che spunta qua e là. Il tutto è ingabbiato in un recinto arrugginito e sotto una copertura in lamiera realizzati dopo il 1977, quando gli archeologi hanno scoperto le abitazioni e ne hanno portata alla luce una soltanto, l’altra è stata lasciata sottoterra. Un contesto obsoleto, un senso profondo di abbandono. Nelle pagine di storia locale il reperto viene segnalato come una delle testimonianze dell’insediamento di quella civiltà italica protostorica, convenzionalmente chiamata picena, che compare nella prima età del ferro nelle Marche. Romagnolo sarebbe, invece, il popolo villanoviano. Durante gli scavi in via delle Galigarie sono stati ritrovati anche alcuni resti di ceramica attica, prova fra tante che i greci hanno fatto scalo nei porti pesaresi lungo le rotte dei commerci verso l’alto Adriatico.
La memoria
Il lavoro che avveniva all’interno dei laboratori e delle piccole fabbriche era quello di far rivivere la pelle secca, quindi idratare il materiale prima di cominciare le fasi della concia. Sulla storia della città romana, Plutarco racconta che poco prima della battaglia navale di Azio (31 a.C.) un segno premonitore della sconfitta di Marco Antonio era stato un maremoto, che aveva distrutto Pesaro, luogo a lui caro. E poi, dopo la vittoria di Augusto, l’imperatore distribuì le terre ai propri legionari e sposò una donna, Livia, di padre pesarese. E come non ricordare che il poeta romano Catullo, cantore dell’Odi et amo e dell’intensità delle passioni, si ingelosì per colpa di un antico nostro concittadino che gli aveva rubato l’amante.
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