Non può vedere l'amante durante il lockdown, la porta a casa davanti alla moglie (che la conosce): condannato per maltrattamenti

La piazza di Pesaro deserta durante il lockdown
La piazza di Pesaro deserta durante il lockdown
di Luigi Benelli
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Giovedì 17 Febbraio 2022, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 08:22

PESARO - Un menage a trois tutt’altro che gradito. Il marito si era portato a casa l’amante in presenza della moglie. Tra l’altro le due erano persino conoscenti. Per imporre questa conivenza l’uomo è ricorso maltrattamenti per i quali è finito a processo. Ieri la sentenza. 
Era il periodo del lockdown più rigido e l’uomo, un 40enne, operaio, non riusciva a vedere l’amante così ha pensato bene di portarla in casa.

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Una miscela esplosiva durata pochi giorni perché la moglie, anche lei 40enne, è andata dall’avvocato per chiedere la separazione. Ma davanti al legale si è aperto il vaso di Pandora perché la signora ha raccontato anche anni di maltrattamenti e vessazioni fisiche, tanto che alla fine ha deciso di denunciare il marito. Accuse ritenute fondate, dato che era scattato anche il divieto di avvicinamento alla donna per il marito. E davanti al collegio del tribunale di Pesaro si è aperto il processo per maltrattamenti. 
Secondo la querela della donna, gli episodi di svilimento sarebbero iniziati addirittura dal 2007, quando erano ancora fidanzati. Una escalation iniziata con le frasi «non vali nulla» e il senso di colpa imposto per il fatto che lei non lavorava e lui manteneva la famiglia. Poi le botte: tirate di capelli, calci, pugni, una bottigliata in faccia. La donna ha detto di essere stata percossa persino quando era incinta. Aggressioni che avvenivano anche quando lui era ubriaco. Il 2020 è l’anno del tracollo, quando la donna ha scoperto che lui la tradiva con una sua amica. Il lockdown ha spinto l’uomo a portare in casa l’amante, nello stesso letto dove dormiva con la moglie. E per di più con la presenza dei figli. Un boccone troppo amaro da mandare giù. Così lei ha raccontato tutto. E lui l’avrebbe minacciata. «Ti taglio la lingua».
E ancora: «Ti brucio viva», facendole vedere un accendino.

Una coppia già conosciuta alle forze dell’ordine per delle richieste d’aiuto da parte di lei, poi ridimensionate. Lui ha sempre negato ogni addebito riconfigurando i fatti nelle liti familiari dovute alla separazione. Ieri la discussione davanti al collegio con la 40enne che si è costituita parte civile tramite gli avvocati Daniele Conti e Marco Subiaco del foro di Ancona. Il collegio ha condannato l’uomo a 3 anni e 8 mesi e 10 mila euro di risarcimento. 

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