PESARO - «Don Sandro, mi raccomando i mosaici». Un consiglio tanto forte e ripetuto da sembrare un obbligo. Da quando monsignor Salvucci, 57 anni, originario di Macerata, teologo e animatore del Movimento dei focolari di Fermo, è stato consacrato alla guida della chiesa metropolita di Pesaro, il 1º maggio, è sempre il solito ritornello. Udienze, cerimonie, incontri.
Ogni occasione è colta al volo dai fedeli per ricordare al nuovo arcivescovo quanto sia grande l’interesse della città, e non solo, affinché i due pavimenti del Duomo siano meglio fruibili, rispetto ai quattro “finestroni“ bui e offuscati dal riflesso dei soffitti, e vengano salvati dal degrado, in particolare per l’umidità che minaccia i colori. E lui, tra le mille incombenze e un accorpamento con Urbino deciso dalla Santa Sede, si è subito messo a studiare la storia travagliata dei litostroti. Il superiore è un palinsesto bizantino (VI secolo) con inserti medievali (XII-XIII secolo), mentre il pavimento sottostante è legato alla basilica paleocristiana (IV secolo), ai tempi di Sant’Eracliano e del patrono San Terenzio. Lo ha accompagnato nella sua prima visita il direttore dell’ufficio beni culturali della Diocesi, Filippo Alessandroni.
La visita
E don Sandro è rimasto affascinato dal raffinato linguaggio geometrico e allegorico della tradizione bizantina, dalla simbologia della prima cristianità, dai riferimenti teologici.
I fondi
Altro nodo della questione sono le risorse economiche: «Insieme a una tempistica certa, chiedo anche una copertura finanziaria adeguata, tutte spese che la Diocesi non si può assolutamente permettere. E poi adesso con la stangata del caro bollette, riscaldare le chiese ci costerà diversi milioni. I costi per migliorare la fruibilità dei mosaici andrebbero ripartiti tra gli enti pubblici, con un eventuale coinvolgimento dei privati, operazioni che vanno indirizzate dalla Sovrintendenza che deve proporre la soluzione più fattibile». Nei prossimi giorni l’arcivescovo incontrerà inoltre gli esperti dell’Università politecnica delle Marche. Dall’ateneo di Ancona arriveranno a sottoporgli proposte di studio, conservazione e visibilità alcuni professionisti del gruppo di ricerca Distori heritage del Dicea, il Dipartimento di ingegneria e architettura che lavora alla fruizione digitale con avatar virtuali delle opere d’arte. «Questi tecnici non sono nuovi ai capolavori del Duomo – ricorda monsignor Salvucci –. Anni fa si sono occupati di una indagine sullo stato di conservazione». E mentre pensa al futuro dei tesori della cattedrale, don Sandro ha ancora nel cuore i mosaici che ha ammirato nella sua recente visita in Terrasanta: «Anche a Betania, vicino a Gerusalemme, c’erano due pavimenti affiancati della stessa epoca dei nostri, meravigliosi e quelli sì a cielo aperto».