Mario Di Remigio, presidente ristoratori Pesaro e Urbino Confcommercio: «Basta chef illuminati, si rivaluti il servizio in sala. Ora si presentano solo bengalesi»

Mario Di Remigio, presidente ristoratori Pesaro e Urbino: «Basta chef illuminati, si rivaluti il servizio in sala. Il problema? Gli orari. Costretto ad assumere solo bengalesi»
Mario Di Remigio, presidente ristoratori Pesaro e Urbino: «Basta chef illuminati, si rivaluti il servizio in sala. Il problema? Gli orari. Costretto ad assumere solo bengalesi»
di Gianluca Murgia
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Giovedì 19 Gennaio 2023, 17:37 - Ultimo aggiornamento: 21 Gennaio, 07:32

PESARO - «Nel tempo la cucina ha preso il sopravvento e la sala è stata discriminata: questo è il risultato. Io come camerieri, ora, trovo solo bengalesi». Va giù diretto Mario Di Remigio, presidente dei ristoratori della Provincia di Pesaro e Urbino per Confcommercio e professionista a tutto tondo: è il titolare a Pesaro del ristorante Polo Pasta e Pizza e, nel suo curriculum, lungo come un menù di ristorante d'antan (lunghissimo), dal 1980 ad oggi trovano spazio esperienze in cucina (uno su tutti, al pluripremiato Symposium di Cartoceto), specializzazioni, corsi anche di pasticceria, esperienze lavorative all'estero, attività di docente, autore di studi e ricette. Il suo punto di vista è netto, grandangolare e non banale. La domanda è semplice: i giovani marchigiani vogliono fare ancora i camerieri? I numeri dicono di no. In Italia, nel 2022, sono mancati all'appello circa 50mila camerieri. E le Marche, complice la sua vocazione turistica, è stata una delle regioni che ne ha sofferto di più.

«Tutti sognano di fare gli chef»

Di Remigio continua e spiega: «Tutti sognano di fare gli chef e nessuno di servire in sala. Eppure un ristorante che funziona deve avere un connubio perfetto: i piatti possono essere ottimi ma se poi non c'è nessuno che sa servirli e presentarli nella giusta maniera, con educazione e preparazione, il cliente non torna. I nostri ragazzi, soprattutto quelli dell'Alberghiero Santa Marta di Pesaro, sono volenterosi ma ora ambiscono ai locali stellati come chef o sommelier in bar fighi. Vi do un dato chiarissimo: l'anno scorso dall'Albergheiro sono usciti solo 35-40 addetti a sala e bar. Di questi alcuni non hanno preso in considerazione il mestiere iscrivendosi all'Università o facendo altro, altri ancora hanno lavorato pochi mesi per poi poter prendere la disoccupazione». Quindi il problema non è il Reddito di Cittadinanza? «No - commenta, senza esitazioni, Di Remigio -. Uno dei problemi è il sistema Italia che permette a chi vuole di lavorare 4 mesi e poi ricevere l'assegno di disoccupazione nonostante ci sia la possibilità di lavorare ancora».

Mario Di Remigio

«I camerieri? Solo gli extracomunitari accettano il lavoro»

Ma questo, al pari della poca seduzione che esercita questo lavoro sui giovani (in rapporto alla figura dello chef, nel settore), è ovviamente solo un aspetto della vicenda.  «I ragazzi che trovi  per la sala oggi sono tutti extracomunitari che hanno biosgno di lavoro - continua Di Remigio -. L'ultima frontiera sono i giovani del Bangladesh. Hanno fame, hanno  bisogno di lavorare per ottenere il permesso di soggiorno. I nostri ragazzi ormai puntano su altri mestieri che si fanno al computer, le start-up, i social... Il lavoro, per loro, è solo quello. Si sono abituati a un mondo digitale e non hanno voglia di lavorare in quello manuale. C'è però un aspetto positivo...». Finalmente: quale? «Gli italiani che scelgono di fare questo lavoro lo fanno bene. Ma sono pochissimi. Questa tendenza c'era già prima del Covid. Non a caso avevo deciso di fare corsi di formazione per sala e bar ma poi non sono mai partiti.

Perché il problema è sempre quello: chi li fa? Solo gli extracomunitari, non certo i pesaresi. I pesaresi, che una volta d'estate crescevano facendo la stagione in albergo o ristorante, ora non sono più partecipi. Probabilmente è cresciuto il benessere. Io ho dovuto rivolgermi ai bengalesi altrimenti il ristorante avrebbe avuto dei problemi. Spiegamoci bene: sono bravissimi ragazzi, volenterosi, gentili e rispettosi, ma poi ci sono problemi di cultura, lingua e modi diversi dai nostri. Per loro è una cosa nuova e bisogna insegnarla da zero».

«Lo stipendio è di 1600-1700 euro nette al mese»

Nel 2022 si è calcolato che all'appello in italia mancavano 50mila camerieri. Lo stipendio è un problema? Del resto in Italia, mediamente, siamo fermi agli stipendi di 15 anni fa. «No, chi lo dice non sa come stanno le cose. Un cameriere mediamente guadagna 1600-1700 euro al mese nette.  Poi, se c'è qualcuno che sfrutta è un altro discorso: non siamo tutti uguali. Una delle discriminanti più forti è l'orario di lavoro: nessuno vuole più fare i doppi turni, perché gli amici vanno in giro, escono...».  

Che prospettive ci sono il 2023 da questo punto di vista? «Molto brutte. E' vero che il saldo tra ristornati aperti e chiusi è negativo ma ci sono sempre nuove aperture e quindi o ti freghi i dipendenti l'uno con l'altro o diventa tutto molto difficile». Ma come si ridà dignità al lavoro del cameriere di cui peraltro l'Italia, negli anni, è stata una delle principali esportatrici del mondo? Alzando gli stipendi (ma questo vale per ogni professione)? «Forse ci vorrebbero dei programmi Tv per rivalutare la figura del cameriere. Se la sala non vende bene il prodotto è un problema. L'accoglienza del cliente resta determinante. Cosa fare nel concreto? Bisogna partire dal basso: basta chef illuminati, rivalutiamo il servizio di sala, la cortesia, il saper servire il vino e i piatti...».

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