«Gambini, meno ordinanze e più integrazione». Il messaggio al sindaco di Federica Titas, presidente studenti UniUrb

Federica Titas, presidente del consiglio degli studenti UniUrb, durante l'inaugurazione dell'anno accademico
Federica Titas, presidente del consiglio degli studenti UniUrb, durante l'inaugurazione dell'anno accademico
di Beatrice Giannotti
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Mercoledì 2 Marzo 2022, 07:00

URBINO Come sono viste la città di Urbino e l’ateneo Carlo Bo dagli studenti: Federica Titas, presidente del consiglio degli studenti UniUrb, tiene i rapporti con i rappresentanti dei diversi dipartimenti.
Come hanno gestito e vissuto la pandemia gli studenti di Urbino?
«All’inizio della pandemia in molti sono tornati a casa per paura, per stare con le proprie famiglie. Nel settembre del 2020 in molti sono tornati e con il secondo lockdown hanno deciso di rimanere a Urbino perché più comodo per gestire la propria giornata e per concentrarsi sullo studio. A discapito da quanto in molti dicono, a me risulta che in numerosi sono rimasti in città».

 
Come vi siete organizzati e come vi siete trovati?
«Ci si è aiutati a vicenda, anche i vicini di casa, spesso urbinati, sono stati disponibili con un aiuto per la spesa, portando un dolce o qualcosa da mangiare. Il disagio maggiore c’è stato durante la seconda pandemia che ha visto una rottura tra amministrazione e studenti». 


Ci racconti.
«Le numerose ordinanze dello scorso settembre non hanno certo aiutato, portando i giovani a stare in piazza senza controlli. Il sindaco ha dato la colpa di alcune risse agli studenti, quando questi fenomeni non sono necessariamente collegati all’alcool e a chi è a Urbino per motivi di studio. I problemi che ci sono stati, sono stati scaricati dall’amministrazione sugli studenti».


Quale aspetto avete sofferto di più?
«Si è creato un problema sociale dato dalla mancanza di luoghi di aggregazione. Non è facile passare le giornate a casa tra studio e computer e non avere la possibilità di staccare.

Abbiamo chiesto spazi al Comune per organizzare eventi per la comunità. Essendo però attività organizzate con bandi interni all’Università, il sindaco ci ha dato picche. Ci stiamo muovendo per organizzare attività con l’associazione studentesca Agorà in accordo con dei privati, ma al momento mancano i fondi. Ci hanno parlato più volte dello spazio Data, ma non c’è ancora certezza sul possibile utilizzo. Saremmo contenti di collaborare anche con l’assessorato alle politiche giovanili».


Cosa è cambiato a livello universitario?
«Mancano gli spazi, le aule studio, per motivi di sicurezza, non sono adatte a lavori di gruppo, ci si deve incontrare in casa. Questa è una mancanza molto sofferta. Penso che si debba però apprezzare lo sforzo che sta facendo l’Ateneo per trovare questi spazi, ma servirebbe una maggiore collaborazione dell’amministrazione. Per quanto riguarda le lezioni, siamo consapevoli che la modalità online è stata fatta per motivi sanitari, ma non vediamo l’ora di tornare in presenza. È migliorato il sistema di prenotazione».


Cosa si può migliorare e cosa vorreste per il futuro?
«Vorremmo tornare in presenza, avere spazi per lo studio e lo svago e un rapporto più stretto tra comune e università. Che non ci sia una chiusura e che gli studenti vengano visti di buon occhio e non solo criticati, perché ne abbiamo bisogno. Chiediamo comprensione, integrazione e collaborazione per arricchire la città anche del valore aggiunto dato da noi studenti». 


Venerdì alle 16.30 gli studenti universitari organizzano una manifestazione pacifica in piazza contro la guerra in Ucraina.

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