URBINO - L’indefinitezza delle parole lascia spazio a numeri inequivocabili: «Tra medici e dirigenti, all’ospedale di Urbino, ne mancano 46». Lo dice Alfredo Rossini, coordinatore Anaao Assomed per l’Area Vasta 1. Il tema della carenza di personale all’ospedale di Urbino (nella tabella si evidenzia il dato dettagliato della situazione attuale) è ancora una volta al centro dell’attenzione del sindacato di medici e dirigenti ospedalieri.
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La Anaao Assomed Marche ha fatto i conti e mandato una lettera all’Asur Marche esplicitando le insufficienze di risorse umane delle quali tenere conto al momento della redazione del “Piano Triennale dei Fabbisogni di Personale 2020 – 2022”. Per il sindacato «le carenze, se colmate, renderebbero virtuose le piante organiche di personale del presidio ospedaliero di Urbino e permetterebbero allo stesso di lavorare bene ed in sicurezza per poter erogare prestazioni sanitarie efficaci e rapide alla popolazione».
«La situazione all’ospedale di Urbino – scrive il coordinatore Rossini - si è aggravata a seguito della pandemia da Covid-19 (48 ore fa sono risultati positivi un chirurgo di Ortopedia, un anestesista e un infermiere, domani dovrebbe riaprire il reparto di Cardiologia in cui a inizio anno si era sviluppato un focolaio, ndr) ma derivava già da una cronica, sproporzionata e non più sostenibile carenza di risorse umane, che ha portato il nosocomio ducale alla recente ribalta mediatica. Sicuramente sono numeri importanti quelli con cui ci dobbiamo confrontare – insiste Rossini – e il deficit di medici e dirigenti sanitari di alcune strutture operative come Laboratorio Analisi, Ostetricia e Ginecologia, Pronto Soccorso, Radiologia, Ortopedia e Medicina è impressionante». Secondo la sigla sindacale «prestare la propria opera professionale in queste condizioni lavorative di carenza di personale, aggiunge sicuramente significato all’appellativo di “eroi” rivolto agli operatori del servizio sanitario pubblico durante la prima ondata della pandemia Covid, perché denota un’abnegazione ed una dedizione che contraddistingue solo chi ha fatto della propria passione il proprio lavoro; e perciò va tutelato».
«Uscire dalla pandemia - rimarca Rossini - significa non più solo curare chi ha il Covid ma anche quei pazienti ordinari che soffrono di altre ma non certo meno gravi patologie.