Tappezza la tomba della mamma con foto e messaggi: «Siete assassini». Denunciato per vilipendio e stalking

Polizia al cimitero, foto tratta da internet
Polizia al cimitero, foto tratta da internet
di Luigi Benelli
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Mercoledì 5 Maggio 2021, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 09:56

FANO  - Le accuse di stalking, diffamazione e vilipendio della tomba della madre. E’ una storia di rapporti familiari molto tesi, di continue accuse. E che vede un 57enne fanese a processo per tre reati. Tutto sarebbe iniziato proprio con la morte della madre, momento in cui l’uomo avrebbe iniziato a tempestare la sorella e suo marito di messaggi molto pesanti con frasi come: «Lo sanno tutti chi ha ammazzato mia madre».

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L’uomo imputava alla sorella una scarsa cura della anziana. Così i messaggi reiterati, secondo l’accusa, hanno generato un forte stato d’ansia e paura nella sorella e nel marito. La sorella gli ha chiesto di smetterla, ma la piattaforma WhatsApp era bollente. Riempita con frasi come: «Prova a mettere le mani nell’acqua santa, la farai friggere». E ancora: «A te ci vuole l’esorcista». Poi le accuse diffamatorie e degradanti al marito di lei, additato di essere addirittura un pedofilo. Per l’accusa un contesto in cui si sarebbe configurato il reato di atti persecutori, proprio per la quantità e la gravità delle frasi e delle accuse. L’uomo avrebbe anche detto alla sorella che non poteva nascondersi e che comunque l’avrebbe trovata. Un controllo millantato, con tanto di allusioni alle poche botte ricevute dalla madre da piccola: «Ti ha menato poco». Il tutto condito da espressioni come «assassini». Accuse gravissime. 

Poi la foto della salma della madre, nella camera ardente. Cosa che non costituisce reato di per sé, ma anche quella era stata inviata alla sorella, quasi come fosse un promemoria. Altro elemento che avrebbe generato ansia e preoccupazione nella donna. Non è tutto perché l’uomo è accusato anche di diffamazione aggravata perché avrebbe affisso 3 fogli contenenti pesanti offese nei confronti della sorella e del marito, sulla lapide della madre. Nel testo venivano accusati di aver preso ori e gioielli della defunta. Secondo il figlio, la anziana li avrebbe richiesti più volte tramite l’amministratore di sostegno. «Ma loro sono come i muri» avrebbe scritto. Gioielli che si sarebbero tenuti. Un testo duro in cui sottolineava le pene tribolate dalla madre a stare nel ricovero «più infame della regione. Ha sofferto in modo disumano, isolata da tutti». Per il 57enne la mamma aveva i soldi per permettersi un posto migliore nella sua città, vicina ai propri cari, «ma qualcuno non lo ha permesso, facendola morire di crepacuore». 

L’uomo, rinviato a giudizio, deve rispondere anche dell’accusa di vilipendio della tomba della madre, proprio per aver affisso i tre fogli con i messaggi destinati alla sorella.

Fogli ben visibili a chi andava a trovare i propri cari, in un luogo per eccellenza di contegno. Ieri la prima udienza in tribunale a Pesaro, davanti al giudice monocratico. L’udienza è stata aggiornata, verranno sentiti vari testi per poi arrivare a una sentenza. L’imputato è difeso dall’avvocato Alberto Bordoni e dal legale Maurizo Terenzi. Le vittime si sono costituite parti civili tramite l’avvocato Luca Fabbri. 

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