Famiglia fanese nel lockdown di Londra: «Non siamo degli appestati»

La famiglia fanese
La famiglia fanese
3 Minuti di Lettura
Lunedì 28 Dicembre 2020, 05:45

FANO - Michela Vagnini è la figlia di Tonisia e Mario Vagnini, quest’ultimo presidente della associazione “Rosciano Insieme”, da tempo vive a Londra con il marito e il figlioletto di 5 anni. Il dilagare della pandemia e l’inasprirsi del contagio ha sorpreso lei e la sua famiglia, come tutti gli italiani che vivono e lavorano in Inghilterra. 

 
Per fortuna l’estate scorsa è riuscita a tornare in Italia e a trascorrere due mesi con i propri genitori, ma una volta ripartita ora viene trattenuta da tutte le disposizioni che tutelano l’isola, ma anche gli altri Paesi, dall’andirivieni di persone che vorrebbero varcare la Manica. «Non siamo degli appestati – esordisce quando la invitiamo a descrivere la propria situazione – anche se da noi il virus sembra trasmettersi con più facilità rispetto agli altri Paesi europei, con la differenza che in Inghilterra l’informazione adotta toni meno drammatici e meno insistenti rispetto, ad esempio, all’Italia, dove ogni giorno viene diramato il bollettino dei morti e dei contagiati.

Forse è per questo che qui a Londra non poca gente si comporta alla leggera. Comunque anche in Inghilterra sono in vigore disposizioni che ci vietano di incontrare e frequentare altre persone, di uscire di casa salvo in casi di stretta necessità.  «Possiamo a malapena portare per breve tempo a spasso il cane nel parco e fare la spesa. Io per fortuna svolgo un genere di lavoro che mi permette di adottare lo smart working, ma mio marito è in cassa integrazione da due settimane».

Il marito di Michela lavora come cuoco in un ristorante, ma il locale ha dovuto chiudere i battenti in seguito al dilagare della pandemia e non si sa quando riaprirà. Il bambino, invece ha frequentato la scuola fino al 18 dicembre scorso, poi anche lui ha dovuto rinunciare, come anche tanti bambini in Italia, a frequentare gli amici. In casa si è dunque creata una “bolla”, una sorta di protezione creata dalle mura domestiche che dovrebbe tenere lontano il Covid 19. Il giorno di Natale, una piccola trasgressione per una boccata d’aria, sempre protetti dalla mascherina, nel parco e poi il pranzo di Natale che in casa di Michela, grazie anche alla presenza di uno chef, è durato dalle 15.30 alle 18.

«Molti nostri conoscenti italiani – aggiunge Michela – avrebbero voluto tornare in Italia per trascorrere le festività con i propri genitori anziani e parenti, ma è stato loro vietato. Tra l’altro le visite si stanno facendo sempre più rare, perché il Covid ha provocato non soltanto problemi alla salute ma anche gravi danni alla economia e il viaggio di ritorno costa cifre che si fanno sempre più gravose, specialmente per una famiglia intera. «Ho amici che vivono da carcerati, che hanno fatto il tampone con esito negativo, ma non riescono a partire». Michela nonostante tutto si considera fortunata. Sta bene in salute e da nutrizionista in possesso di un contratto con una ditta americana riesce a lavorare da casa operando in un settore che ha conosciuto un grande sviluppo di vendite. «Il vaccino è la nostra speranza – conclude – ci hanno detto che ce lo daranno presto, ma io credo che saremo tra gli ultimi … noi siamo giovani!».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA