Suicidio assistito, la mamma di Fabio: «A me 18 anni sono volati, ma rispetto la volontà di mio figlio»

Suicidio assistito, la mamma di Fabio: «A me 18 anni sono volati, ma rispetto la volontà di mio figlio»
Suicidio assistito, la mamma di Fabio: «A me 18 anni sono volati, ma rispetto la volontà di mio figlio»
di Eugenio Gulini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Maggio 2022, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 27 Maggio, 15:32

FERMIGNANO - Mamma Cecilia Del Rio, da 18 anni accudisce il suo Fabio senza mai mostrare né lacrime né stanchezza. «Non mi sono mai fatta vedere triste – confessa – davanti a quel figlio colpito, nel 2004, da una trombosi, gli si è chiusa l’arteria basilare, che l’ha isolato, per sempre, a letto a vivere immobile senza poter mangiare o parlare e dove comunica solo con gli occhi, battendo le palpebre a noi famigliari». 

Le passioni

Chi non ha conosciuto Fabio che giocava a calcio nelle giovanili di Fermignano? Arrivava agli allenamenti mano nella mano del fratello Andrea, di un anno più grande, nel vecchio catino del Borgo Metauro.

Andrea ala sinistra “con un mancino che disegnava l’aria” diceva di lui Fabio e, appunto, Fabio che stava in porta con una maglia nera che gli arrivava alle ginocchia ma «di quel “numero 1” ne andavo fiero». Fabio che diventa un ragazzo e ama suonare le percussioni. Lo fa per divertirsi in quei momenti lontano dal lavoro di imbianchino nell’impresa famigliare gestita dal padre Rodolfo. 

Anni volati via

E’ un ragazzo solare Fabio e si fa voler bene da tutti per quel suo modo di coinvolgere e coinvolgersi più unico che raro. Solare e comunicativo, istrionico e compagnone. Sono passate diverse stagioni «ma – ricorda mamma Cecilia – questi 18 anni vicino Fabio a cadenzare le sue necessità giornaliere mi sono volati che non me ne sono nemmeno resa conto.
«Di vicende come la mia in cui hanno accudito figli, sorelle, fratelli, padri e madri costretti su un letto, in Italia, ce ne sono numerose». 
In un mondo in cui il termine “eroe” si spreca, mamma Cecilia Del Rio, non ha mai avuto una riconoscenza, una gratitudine. Diciamolo pure: nemmeno dal Comune di Fermignano che conosceva e conosce bene le sofferenze di Fabio e di un nucleo famigliare, il fratello Andrea, la sorella Simona, i nipoti Liam e Sveva oltre la mamma ed il papà che, in dignitoso silenzio, hanno vissuto e trascorso momenti di grande sconforto ed angoscia. «Le riconoscenze – aggiunge mamma Cecilia - debbono venire dal cuore, dalle emozioni profonde, dalla pelle che la si sente vibrare e non dalle cerimonie. Non mi va di apparire, voglio restare nell’ombra. Sto bene così con i miei affetti e senza le grancasse che amplificano il dolore e l’amarezza». 

Il sogno

Due anni fa mamma Cecilia sognava lo squillo del telefono e magari di là dal filo la voce di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco che le parlava di speranza: «Ne sarei restata senza parole. Ne sarei rimasta impietrita, a disagio, sarebbe stato troppo… Io sono solo una mamma – rimarca Cecilia – e qualsiasi amore di una madre avrebbe fatto quello che sto facendo io per Fabio. Gli audaci e i temerari sono ben altri». Ora il suo desiderio?

Siamo con lui

«Seguire Fabio nel miglior modo possibile in queste sue scelte, non lo abbandonerò mai». «Non lo abbiamo mai indotto a fare nulla – aggiunge Andrea – E’ lui che ha sempre deciso, è giusto che lo faccia». «Voglio morire, come Welby. Così non è vita» diceva Fabio già nel 2007. Un passato che sembrava sopito. Da due anni a questa parte Fabio è tornato a parlare di fine vita. Ogni secondo, ogni minuto per lui sono insopportabili sofferenze. «Fabio è stanco – ha concluso mamma Cecilia – rispettiamo la sua volontà». 

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