Fabio bloccato sul letto da 16 anni, mamma Cecilia: «Ma ora sorride ai nipoti e parla con gli occhi»

Fermignano, fabio bloccato sul letto da 16 anni, mamma Cecilia: «Ma ora sorride ai nipoti e parla con gli occhi»
Fermignano, fabio bloccato sul letto da 16 anni, mamma Cecilia: «Ma ora sorride ai nipoti e parla con gli occhi»
di Eugenio Gulini
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Mercoledì 1 Luglio 2020, 09:09

FERMIGNANO - Non è una storia strappalacrime («Di vicende come la mia in cui hanno accudito figli, sorelle, fratelli, padri e madri costretti su un letto, in Italia, ce ne sono numerose» sollecita Cecilia).

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Non è nemmeno la narrazione dolce e senza tentennamenti di un effettivo angelo custode al quale le lacrime, davvero poche, sono scese ma solo in momenti di tristezza inarrestabile («non mi sono mai fatta vedere» confessa Cecilia). Non è neppure l’ennesimo apprezzamento e riguardo verso chi, in modo particolare, potrebbe fregiarsi, a diritto, dell’investitura di “eroe” o, nello specifico, di “eroica”. Un termine molto usato in questi tempi di cosiddetta emergenza sanitaria, talvolta a sproposito e talora secondo logica. Cecilia dal 2004 accudisce il figlio Fabio, bloccato sul letto da una grave trombosi: «Ma ora si lascia accarezzare dai nipoti e parla con gli occhi».
 
«Il tempo è volato via»
“Ordine al merito”, “ordine della Stella”, medaglie al valore... benemerenze della Repubblica. Cecilia ne sarebbe all’altezza, di tutte quante messe in fila ma «non cerco nessuna gratitudine perchè le riconoscenze – aggiunge - debbono venire dal cuore, dalle emozioni profonde, dalla pelle che la si sente vibrare e non da cerimonie». Non vuole farsi fotografare. «Non mi va di apparire, voglio restare nell’ombra. Sto bene così con i miei affetti e senza le grancasse che amplificano il dolore e l’amarezza. Questi 16 anni vicino a Fabio a cadenzare i suoi bisogni e le sue necessità giornaliere mi sono volati che non me ne sono nemmeno resa conto». 

Dall’Ogliastra a Fermignano
Ma 16 anni, giorno e notte, non sono pochi. «E’ vero», associa Cecilia. Magari, buttiamo là, sarebbe davvero bello sentire al telefono, a sorpresa, la voce di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco, a tenerle, virtualmente, la mano ed accarezzare, un po’, il suo quotidiano. «Ne resterei senza parole. Ne rimarrei impietrita, a disagio, sarebbe troppo… ma vorrei che da questo colloquio ne uscisse che sono solo una mamma – ci rimarca Cecilia – e qualsiasi amore di una madre avrebbe fatto quello che sto facendo io per Fabio. I prodi, gli audaci, i temerari sono ben altri». Cecilia Del Rio, operaia tessitrice per una vita, 77 anni portati con una moralità estrema, dalla Sardegna, l’accattivante e profonda Ogliastra, al Piemonte e, da ultimo, a Fermignano con Rodolfo che diventerà suo marito. Cecilia ha una dignità umana esponenziale che si tocca con mano ma non ha prezzo. Apparentemente infrangibile a qualsiasi batosta del destino. Una donna con la “D” maiuscola prima che Madre con la lettera grande. Ha scavalcato ogni ostacolo senza mai piangersi addosso o cercare l’aiuto e la solidarietà di chicchessia anche quando già nel dramma più profondo («anno 2004, Fabio, 28enne, è stato colpito, una domenica che era qua con me - racconta Cecilia sul filo dell’emozione profonda - da trombosi, gli si è chiusa l’arteria basilare, che l’ha isolato, per sempre, a letto a vivere immobile senza poter mangiare o parlare e dove comunica solo con gli occhi, battendo le palpebre ai suoi famigliari») è subentrata un’ulteriore angoscia: il marito Rodolfo, nel luglio 2005, fu, a sua volta, leso da un ictus. Si è ripreso tornando autosufficiente e vicino sua moglie a circoscrivere malinconie e scoraggiamenti. «Anno sconsolante – riferisce Cecilia - io ero con Fabio da un ospedale all’altro, da Ancona Torrette a Torre Pedrera a Macerata Feltria; Andrea, mio figlio maggiore, di un solo anno rispetto a Fabio, è stato accanto al padre». 

«Sono sempre ottimista»
Ora qual è il suo desiderio? «Seguire Fabio nel miglior modo possibile, non lo abbandonerò mai anche se c’è la consapevolezza che sto invecchiando ma Andrea si prenderà cura di lui. Uscire? Il minimo indispensabile, non ne sento la necessità. Quando posso mi sprofondo nella lettura dei libri. Sono ottimista e cerco di vedere sempre i lati positivi della vita. Il nostro ambiente famigliare è sereno. Non cerco altro». “Voglio morire, come Welby. Così non è vita” così diceva Fabio nel 2007. «Un recente passato che non è più tornato. Ora Fabio si lascia accarezzare da chi gli sta vicino e sorride come i suoi nipoti, Liam (figlio della sorella Simona) e Sveva».

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