Per le vittime del Covid il bosco della vita: «Il ricordo è la nostra cura e la speranza»

Per le vittime del Covid il bosco della vita: «Il ricordo è la nostra cura e la speranza»
Per le vittime del Covid il bosco della vita: «Il ricordo è la nostra cura e la speranza»
di Lorenzo Furlani
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Venerdì 19 Marzo 2021, 07:15 - Ultimo aggiornamento: 08:28

FANO  - Il vento tagliente sotto il sole di marzo abbatte nel parco le bandiere istituzionali, il direttore dell’Area vasta si commuove quando parla degli sforzi per cercare di sconfiggere la pandemia e uno spoglio acero campestre viene piantato sul prato brullo per ricordare le innumerevoli vittime del Covid-19 e per simboleggiare la resilienza della vita, dopo che il vescovo ha ringraziato quei giovani operatori ospedalieri, dal volto sempre coperto, solleciti nel lavoro ma affettuosi e complici, che sono stati l’ultima voce, gli ultimi occhi e l’ultimo contatto umano per i tantissimi che ora non ci sono più.

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In queste immagini si può riassumere la cerimonia, guidata dal sindaco, nella giornata nazionale in memoria delle vittime del coronavirus, che si è svolta ieri mattina nel parco urbano “Polverari” di Fano, introdotta dal suono a distesa delle campane di tutta la città e conclusa da un minuto di raccoglimento al suono del silenzio della tromba.

Era il 18 marzo 2020 quando l’Italia e il mondo rimanevano scioccati alla vista della lunga colonna di camion militari che, nelle vie deserte di Bergamo, portavano via le bare dei malati morti. È quella la notte dell’Italia ma dopo un anno il Covid-19 ancora colpisce con una virulenza analoga tanto che il responsabile dell’Area vasta 1, Romeo Magnoni, ha introdotto il suo saluto riferendo che anche ieri si lavorava per reperire posti letto per i malati da ricoverare. 


«E’ stato l’anno più difficile, per certi aspetti surreale, in cui l’emergenza sanitaria ha portato nella nostra comunità un inedito confronto con la morte», ha testimoniato il primo cittadino Massimo Seri, che aveva già celebrato le vittime della pandemia nel luglio scorso in una serata di parole, preghiere e musica alla Rocca malatestiana e che ieri ha imbastito la cerimonia sui temi del ricordo e della guarigione, con i rappresentanti dei soggetti impegnati contro il coronoravirus ma senza pubblico perché un anno dopo c’è un altro lockdown. «Ricordare – ha sottolineato il sindaco – contiene etimologicamente la parola cor cordis, cuore, che gli antichi ritenevano fosse la sede della memoria; non la mente ma il cuore è il contenitore dei nostri ricordi. Per questo non mi soffermerò nuovamente sulla tristezza, che tutti abbiamo vissuto e in particolare i familiari delle vittime, ai quali mi stringo con sincero affetto e comprensione, ma voglio piuttosto lanciare un invito al ricordo come nuova cura, come lotta alla disperazione, come messaggio di speranza che mai deve abbandonarci, nemmeno nell’ora più buia».


Perciò nel parco dell’aeroporto, a ottobre quando la stagione sarà più congeniale, nascerà il bosco della memoria, con un albero piantumato per ciascuna vittima del Covid-19 e curato in collaborazione con le famiglie. Un monumento naturale della vita, a testimonianza di una comunità che, ha rimarcato Seri, «con la forza dell’unione e la generosità dimostrate verrà fuori prima o poi dalla pandemia». Doveroso il ringraziamento agli operatori sanitari, ai volontari, alle forze dell’ordine e ai numerosi donatori delle diverse iniziative di solidarietà, senza dimenticare le difficoltà di quanti ora patiscono gravi conseguenze per il lavoro.


Il medico Luca Santilli delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca) ha rilevato, con la chiarezza della sua giovane età, «che purtroppo il Covid ci ha colti un po’ impreparati e ancora purtroppo non sta arretrando, non si sta indebolendo, quindi dobbiamo cercare ancora di farci forza gli uni con gli altri, di resistere, perché presto sconfiggeremo anche questa malattia».


Il direttore Magnoni ha rilanciato l’appello a rispettare le regole anti Covid già espresso dal sindaco, trattenendo a stento l’emozione nell’invitare tutti a mettersi in fila per farsi vaccinare, «perché la vaccinazione è l’unica possibilità che abbiamo, se tutti ci vacciniamo spero che entro l’estate riusciremo a uscire da questa pandemia».
Ha concluso monsignor Trasarti, degente Covid guarito dalla malattia, che ha testimoniato la gratitudine per l’empatia, la forza e il sacrificio degli operatori sanitari e evidenziando anche l’importanza dell’accompagnamento e del sostegno, come hanno fatto i bravi parroci, verso chi ha perso persone care in questa «guerra non dichiarata, che ha costruito tante tombe senza sapere perché si andava a morire, per colpa di nessuno».
Infine, tutti hanno contribuito simbolicamente, con la pala e un po’ di terra, alla piantumazione dell’albero della vita.

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