Sul tracciato della Fano-Grosseto affiora un'antica fattoria di epoca romana

Sul tracciato della Fano-Grosseto affiora un'antica fattoria di epoca romana
Sul tracciato della Fano-Grosseto affiora un'antica fattoria di epoca romana
di Veronique Angeletti
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Sabato 9 Luglio 2022, 04:30

Una antica fattoria romana  scoperta vicino alla Fano-Grosseto. È emersa nell’alta valle del Metauro, a fianco alla statale 73 bis, a due chilometri di Mercatello in direzione del municipio Tifernum Mataurense, l’odierna Sant’Angelo in Vado. La scoperta risale a meno di quindici giorni fa quando al termine di un’indagine di archeologia preventiva, in corso da due anni, sono stati realizzati alcuni sondaggi sul tracciato della futura E78, l’asse viario che collegherà l’Adriatico al Tirreno.

 
I saggi esplorativi
«Saggi esplorativi – entra nel merito il coordinatore scientifico, l’archeologo Diego Voltolini della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Ancona e Pesaro e Urbino – che hanno portato alla luce parte di un insediamento risalente al II e I secolo a.C.».

Spiega che si tratta di un edificio rurale con dei vani funzionali a vari tipi di lavorazione. «In uno degli ambienti, è stato ritrovato il fondo di alcuni grandi vasi, tipici dogli destinati a delle derrate alimentari ed è stata rinvenuta la parte bassa di una vasca quadrangolare impermeabilizzata con un rivestimento in cocciopesto che, forse, serviva fare decantare il mosto». Significativo il fatto che i ritrovamenti riguardano solo fondazioni. «In questo punto dell’alta Valle del Metauro - ricorda Voltolini - la quota del terreno è più bassa del piano che calpestavano gli antichi. Pertanto, sapevamo già che era impossibile ritrovare pavimenti». Il che non toglie valore al rinvenimento. Anzi.


L'organizzazione
Il sito contribuisce a chiarire le dinamiche dell’organizzazione e della gestione romana del territorio dove Sant’Angelo in Vado si conferma il municipio di riferimento. «La fattoria non è una domus e quindi non ha un’architettura preziosa. Le pietre servono solo per fare lo zoccolo ed impedire la risalita dell’umidità mentre la parte alta era in terra cruda di cui abbiamo trovato, caso raro, addirittura traccia». Ancora più significativo è la procedura di “archeologia preventiva” con cui si è giunti alla scoperta. Procedura che concilia l’esigenza di sviluppare infrastrutture e di conservare il patrimonio archeologico ancora conservato nel sottosuolo. «Prima dell’introduzione della “verifica preventiva dell’interesse archeologico” – chiosa Voltolini – che prevede la valutazione del rischio rappresentato per i contesti archeologici e paleontologici dalla realizzazione di un’opera pubblica (di cui le linee guide sono state ulteriormente definite nel Dm del 14 febbraio 2022 ndr), rinvenire depositi archeologici nel corso dei lavori arrecava gravi danni al patrimonio, dilatava i tempi ed aumentava il conto economico dell’opera. Oggi indagando sul tracciato consultando archivi, facendo ricerca in superficie e con le foto aeree, si individua dove fare sondaggi di verifica e si anticipano i problemi. Sul tracciato della Fano-Grossetto abbiamo diversi saggi esplorativi da fare».

Un lavoro che la soprintendenza fa in team con gli archeologi di Anas committente dello studio. «Un vantaggio - osserva - per il patrimonio ma anche per la progettazione». Sul futuro del sito avverte: «La conservazione a vista non è possibile, sia per lo stato di conservazione delle strutture sia per la loro posizione rispetto alla viabilità attuale. Procederemo con il rinterro conservativo dei resti e con l’amministrazione comunale, puntiamo a valorizzare la fattoria e i ritrovamenti con un’esposizione digitale del sito presso il museo locale e con delle pubblicazioni». 

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