Biodigestore, la critica di Tamino: «Il biometano è inquinante, l'economia circolare è altro»

Il professor Gianni Tamino, biologo, membro di Isde
Il professor Gianni Tamino, biologo, membro di Isde
di Lorenzo Furlani
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Lunedì 5 Luglio 2021, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 13:35

VALLEFOGLIA - La relazione in programma contraddice la narrazione comune divulgata da un coro di fonti - produttori, istituzioni, politici pressoché di tutti gli schieramenti e media - sulle virtuose funzioni della digestione anaerobica, la lavorazione degli scarti alimentari e delle potature accreditata come processo di economia circolare perché recupera dai rifiuti biometano e compost per l’agricoltura. 

La narrazione contraddetta
Il titolo è molto significativo: “La produzione di biometano è inquinante e non sostenibile”. Su questo tema il biologo Gianni Tamino, docente in pensione dell’università di Padova e membro del comitato scientifico di Isde (l’associazione dei medici per l’ambiente), aprirà stasera l’incontro pubblico “No al biodigestore di Vallefoglia” organizzato nella sala polivalente di Bottega dall’associazione Diversamente e dalla rete Pesaro Città Sostenibile, con inizio programmato alle 20,30 (forse con diretta Facebook).

«Non si può parlare di un’energia rinnovabile per quanto riguarda il biometano soprattutto quando viene prodotto dalla frazione organica dei rifiuti urbani», afferma il professor Tamino, anticipando i contenuti della sua relazione e contraddicendo sul punto l’ultimo comunicato - e, a caduta, l’intero progetto ambientale - di Green Factory, la società di Marche Multiservizi costituita per realizzare a Talacchio di Vallefoglia un digestore anaerobico da 105mila tonnellate di rifiuti all’anno: «Dai rifiuti organici il biometano, combustibile rinnovabile al 100%».

«Questo concetto - spiega Gianni Tamino - sottintende che bisogna rinnovare a monte la produzione dei rifiuti, mentre l’indicazione europea è quella di ridurre i rifiuti; si può produrre quel tipo di biometano solamente continuando a produrre rifiuti, che invece dovremmo tendenzialmente appunto ridurre. Secondo l’indicazione molto più logica dell’Unione europea non dobbiamo considerare economia circolare quella che porta al recupero di energia bensì quella che porta al recupero di materia.

Quindi dalla frazione organica dei rifiuti urbani noi dobbiamo recuperare compost senza produzione di biogas o biometano».

«Così si genera CO2»
La discriminante sono le emissioni climalteranti, ossia la famigerata anidride carbonica, principale gas che causa l’effetto serra e produce il cambiamento climatico.
«Tendenzialmente dobbiamo riciclare - argomenta Tamino - ma questa economia circolare non si ottiene producendo energia, perché l’energia si genera solo bruciando qualcosa e il biometano bruciato comporta inquinamento ed emissione di CO2. Quindi, per recuperare la materia senza inquinare, bisogna produrre direttamente il compost per l’agricoltura con la digestione aerobica, perché con quella anaerobica, ossia senza ossigeno, per ottenere il compost (come prodotto derivato, ndr) serve altra energia. Tra l’altro dal biogas al biometano occorre un passaggio, un upgrade, che comporta liberazione di altra CO2 e di sostanze inquinanti».

«Si guadagnano solo gli ecoincentivi»
Le uniche energie pulite sono quelle del sole, del vento, dell’acqua. Cosa si guadagna a produrre biometano? Niente dal punto di vista collettivo perché il biometano ottenuto è irrisorio come energia complessiva, si ottengono solo un po’ di incentivi per chi lo produce (gli utili, ndr) senza i quali il biometano è fuori mercato. L’errore sono gli ecoincentivi del governo».

All'incontro a Bottega di Vallefoglia interverranno anche Marco Grondacci giurista ambientale sul tema: “Biodigestori senza regole: il caso Vallefoglia”, Massimo Gianangeli presidente del comitato tutela salute e ambiente Vallesina su “Biodigestore e diritti dei cittadini” e Andrea Torcoletti presidente dell’associazione Diversamente su “Biodigestore: i nostri primi otto mesi di lotte”.

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