FRONTONE «Siamo stanchi di fare sempre da capro espiatorio per responsabilità altrui». Esordisce così l’alleanza delle associazioni ambientaliste regionali replicando ai gestori delle stazioni montane delle Marche (Catria, Nerone, Sarnano, Frontignano e Bolognola), che con un evidente gusto del paradosso avevano scaricato sugli ambientalisti la colpa, in concorso con le precipitazioni eccezionali, del disastro dell’alluvione dello scorso 15 settembre.
L’accusa per i veti
L’accusa per i veti contro l’asportazione di ghiaia e il taglio di alberi negli alvei dei fiumi era stata rivolta contro gli «pseudo ambientalisti integralisti» e potenzialmente c’è in agguato un equivoco perché Club Alpino italiano, Federazione nazionale Pro Natura, Grig, Italia Nostra, Lac, Legambiente, Lupus in Fabula, Salviamo il Paesaggio e Wwf non si ritengono né pseudo né integralisti. «Ma è evidente - precisa l’alleanza delle associazioni - che i gestori degli impianti di risalita puntano il dito su tutte le associazioni ambientaliste marchigiane che hanno chiesto una moratoria» a ulteriori utilizzi di fondi regionali destinati a sovvenzionare «stazioni sciistiche senza alcun futuro economico».
L’aggregazione ecologista ritiene assolutamente fuori luogo attribuire la responsabilità dei danni dell’alluvione agli «ambientalisti che da decenni denunciano, inascoltati, i rischi legati al riscaldamento globale e che non ricoprono alcun ruolo amministrativo, né hanno funzionari o tecnici nei posti di comando nei Comuni, nelle Province e in Regione».
I finanziamenti alle stazioni
Invece, gli amministratori pubblici di questi enti territoriali «di ogni colore politico, che hanno avuto responsabilità in materia urbanistica e sulla gestione del rischio idrogeologico, non vengono nemmeno menzionati. Forse perché sono gli stessi che si prodigano per continuare a finanziare le stazioni sciistiche?».
Nel merito gli ecologisti rispondono che «non sono mai stati contrari ad opere di mitigazione del rischio idraulico quando non trasformano i fiumi in canali, e nemmeno alla rimozione di tronchi in alveo o sotto le arcate dei ponti». Ma da tempo c’è l’esigenza di «estese “aree di laminazione” da ottenere anche spostando case e fabbriche», di «fermare la cementificazione del territorio», di «piantare alberi e siepi e non tagliare centinaia di ettari di bosco con la pratica della ceduazione», di «un’agricoltura che non lasci scoperte larghe superfici di suolo e che non lo impoverisca dell’humus necessario a tenerlo assorbente e stabile».
Ma la contesa, tagliente come una lama nel fianco, è sulla sostenibilità delle piste da sci, ritenute un controsenso alle nostre quote con il surriscaldamento globale.
«Le immagini che abbiamo del versante del monte Acuto del Catria interessato dai lavori di ampliamento e di esbosco - sostiene l’alleanza ambientalista - dimostrano chiaramente la forte erosione subita dalle stesse piste da sci, con la creazione di profondi fossati, accumuli di ghiaia e dilavamento della superficie.
Il lago artificiale
Quanto al lago artificiale da realizzare a 1.450 metri di quota, gli ambientalisti chiedono come sarà riempito «se in inverno l’acqua verrà utilizzata per la neve artificiale e d’estate le fonti si seccano».