PESARO Duecento litri al secondo. È la quantità d’acqua che, da ieri mezzogiorno, il pozzo del Burano 2 immette nel fiume Candigliano. Con la sua acqua oligominerale potabile va in soccorso degli invasi al 20% delle loro potenzialità, del fiume Metauro che rasenta la secca e, quindi, degli acquedotti di Pesaro e Fano. Con il servizio autobotti per le zone montane, è uno dei due provvedimenti, adottati ieri dal Comitato di emergenza delle Marche per contrastare la crisi idrica, la più grave degli ultimi 70 anni, e scongiurare la richiesta dello stato di emergenza della Regione.
Il Comitato tecnico
Anche se il Comitato tecnico (composto dalla Protezione civile, dalle Prefetture e dagli enti locali), «a fronte di una previsione meteo che non si prospetta ottimale per gli invasi e la portata dei fiumi» ha già fissato in agenda la data del 2 agosto per valutare la situazione ed eventualmente richiedere lo stato di emergenza.
Il punto
«Questo perché si considerano i pozzi di acque profonde, riserve strategiche di acqua purissima, come i bancomat dell’approvvigionamento idrico – denuncia la capogruppo regionale Marta Ruggeri del M5S –. Ossia si usano senza curarsi delle conseguenze sull’equilibrio delle risorse ambientali. Ragione per cui ho chiesto proprio all’inizio dell’anno alla giunta Acquaroli, come previsto dalla legge regionale 5 del 2006, l’elenco delle riserve strategiche. E siccome nessuno finora mi ha dato una risposta, riformulo la domanda: il prelievo di ulteriori 150 l/sec dal pozzo di Sant’Anna o di 200 l/sec del Burano è da considerare sostenibile? Esiste qualche studio che fornisca una risposta in tal senso?». Elenco sì, elenco no, in ogni caso nelle Marche, i pozzi di acque profonde godono di una forma di tutela estrema. Caso più unico che raro, sono sotto la gestione esclusiva della Protezione civile regionale che ne può disporre soltanto in casi di comprovata emergenza.
Passaggio tecnico
«Ieri – entra nel merito il sindaco di Cantiano, Alessandro Piccini – era purtroppo un passaggio tecnico, formale, inevitabile. Siamo in emergenza idrica e le condizioni sono tali che si deve attingere alle acque del pozzo. Per il momento sono 200 l/sec poi se la situazione peggiore si alzerà a 300 l/sec come l’anno scorso e gli anni precedenti. Ma questo ci fornirà di nuovo l’opportunità per rivedere e monitorare il comportamento dell’acquifero che, dalle aperture finora monitorate, sappiamo che i tempi di recupero eguagliano i tempi di apertura. Cioè vuol dire che si ritorna a pressione nello stesso tempo in cui il pozzo è rimasto aperto. Tuttavia - avverte - la decisione del comitato non ci ha impedito, con Cagli, di ribadire le posizioni dell’Unione Montana che porteremo avanti in prospettiva. Ossi che esiste una programmazione d’interventi strutturali con delle priorità ed un timing».
La riunione
Posizioni che saranno al centro di un incontro pubblico dedicato all’acqua venerdì 29 luglio a Cagli alle 18 con la collaborazione dell’assessorato regionale all’ambiente. «Perché - incalza Alberto Alessandri, il sindaco di Cagli - dopo poco più di sette mesi dalla formulazione delle richieste della nostra Unione Montana, alla base del documento di programmazione votato dall’assemblea dei Sindaci dell’Aato 1 a dicembre, qualcosa si muove. Nel corso di questo evento a cui, appunto, parteciperà anche la Regione, illustreremo in un modo scientifico, non politico, i dati acquisiti e lo stato di avanzamento di alcuni progetti».
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