Lo zoccolo duro dei renitenti al Green pass, lettere di diffida anche a vigili del fuoco e Biesse

Il controllo dei Green pass
Il controllo dei Green pass
di Lorenzo Furlani
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Lunedì 1 Novembre 2021, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 23:30

PESARO - Sono lo zoccolo duro dei no Green pass, i renitenti all’obbligo della certificazione verde imposto dal governo anche negli ambienti di lavoro, perché oltre a non volersi sottoporre al vaccino anti Covid-19 sono contrari pure all’esecuzione periodica dei tamponi, tanto più a proprie spese. All’esordio oltre due settimane fa di questo obbligo, diversi disagi organizzativi si sono verificati nei luoghi di lavoro pubblici e privati del territorio per la presenza di no vax o comunque no pass, che contestano la legittimità del provvedimento del premier Draghi e, secondo la relativa normativa, sono stati sospesi dal servizio senza retribuzione.

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Gli scompensi lavorativi
In particolare, oltre ai disservizi subito emersi nel trasporto pubblico locale per la defezione di oltre 40 autisti di Adriabus (nel frattempo parzialmente sostituiti), problemi per l’obbligatoria sospensione dal lavoro si sono registrati per decine di lavoratori no pass anche al comando e nei distaccamenti provinciali dei vigili del fuoco (circa il 15% del personale), sopperiti con la flessibilità del lavoro straordinario del corpo, e nello stabilimento pesarese della Biesse, per quanto in questo caso diluiti in una complessa organizzazione che conta 1.900 lavoratori.

Questi militanti no pass hanno consegnato ai rispettivi datori di lavoro una lettera per comunicare la loro disponibilità alla prestazione lavorativa e per contestare, negando la legittimità della certificazione verde, la loro sospensione dal lavoro e dallo stipendio con diffida e messa in mora nella prospettiva - per quanti resisteranno nella protesta - di una successiva causa di lavoro per rivendicare il reintegro in servizio e il recupero della retribuzione nel frattempo non percepita

Contestata la legittimità
«Il Green pass è uno strumento di discriminazione, uno strumento politico che non c’entra niente con la salute» segnala l'avvocata Isabella Giampaoli, che ha provveduto a dotare i renitenti di un format di lettera da inviare alle aziende.

Vi è scritto che il Green pass è contrario alle norme costituzionali e alle leggi europee e che al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro non era prevista nessuna clausola che inibisse la prestazione lavorativa per ragioni sanitarie e/o per il possesso o meno di esami diagnostici.

Le cause di lavoro
«Se la situazione non si sblocca - commenta l’avvocata - seguiranno le iniziative legali. Sono in contatto con un collega di Rimini che è già partito con le cause di lavoro. Nella prima che verrà aperta sarà sollevata sul Green pass l'eccezione di incostituzionalità per portare la questione davanti alla Corte Costituzionale». Isabella Giampaoli è un punto di riferimento per questa frangia di lavoratori che arriva a lei anche da fuori regione. «Ho ricevuto deleghe da molti appartenenti alle forze dell’ordine - informa -, rappresento una cinquantina di carabinieri, poliziotti e vigili urbani di Toscana, Umbria ed Emilia Romagna». Per Pesaro l’avvocata riferisce che i no pass, il 15 ottobre scorso, erano una ventina tra i vigili del fuoco e circa 70 alla Biesse.

Il numero si è assottigliato
Il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Leonardo Rampino, conferma l’esistenza interna di questa opposizione, assicurando però che «il soccorso tecnico urgente al cittadino è sempre garantito per la possibilità che abbiamo di richiamare in servizio i vigili del fuoco di riposo per coprire le assenze come queste per il Green pass. I non vaccinati erano circa il 15% del personale (quindi una trentina su 200 addetti, ndr), adesso stanno rientrando in servizio con i tamponi, salvo qualche caso sporadico».

La protesta nelle ultime settimane si è assottigliata anche alla Biesse, che contraddice peraltro i dati dell’avvocata. «All’inizio questi lavoratori nel nostro stabilimento erano circa 30 - sottolinea Enrico Tinti, direttore del personale del gruppo -, adesso sono meno di 10. Abbiamo introdotto delle facilitazioni al riguardo con la possibilità per i nostri dipendenti di sottoporsi al tampone in azienda, a proprie spese, tre volte a settimana, grazie alla convenzione con un laboratorio. Ma dobbiamo applicare la legge. Chiaramente ogni lavoratore ha un suo ruolo quindi se per un periodo significativo e una scelta unilaterale decide di non presentarsi al lavoro uno scompenso lo crea. Comunque, la percentuale è piccola, non abbiamo ancora sostituito nessuno anche se lo potremmo fare».

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