Ottanta operatori sanitari rifiutano il vaccino anti Covid e affilano le armi per la battaglia legale

Pesaro, ottanta operatori sanitari rifiutano il vaccino anti Covid e affilano le armi per la battaglia legale
Pesaro, ottanta operatori sanitari rifiutano il vaccino anti Covid e affilano le armi per la battaglia legale
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Martedì 8 Giugno 2021, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 08:37

PESARO - Obiezioni etiche che hanno un fondamento scientifico e producono un’opposizione giuridica. Sono numerosi gli addetti sanitari – medici, infermieri, farmacisti, terapisti – che non si sono sottoposti alla vaccinazione anti Covid-19 e intendono resistere all’obbligo di farlo. Sarebbero almeno un’ottantina in provincia stando ai mandati alla tutela legale ricevuti da un paio di avvocati, Isabella Giampaoli di Pesaro e Giulio Maione di Fano.

Si tratta di operatori sanitari no vax di fatto, nel senso che la schiera è più ampia di quanti contestano tout court questo intervento di sanità pubblica per la profilassi di massa. Ci sono anche pro vax che criticano le basi scientifiche dell’obbligo, rilevando che il personale sanitario con l’adozione delle prescritte cautele non costituisce un fattore di rischio per i pazienti né, d’altro canto, è dimostrato che la vaccinazione faccia venir meno la possibilità di tramettere il virus. Per tutti vale l’opinione di Emanuele Caproli, chirurgo all’ospedale di Urbino, che via posta elettronica certificata ha espresso il suo dissenso al premier Mario Draghi perché “niente può essere imposto che non sia dimostrato, provato e documentato”. Rincara l’avvocata Giampaoli, in rappresentanza di una sessantina di operatori: «Non può essere reso obbligatorio ciò che è sperimentale, come lo sono i vaccini secondo quanto dicono gli stessi bugiardini». Dà forza alla protesta la risoluzione del Consiglio d’Europa 2361 del 2021, che raccomanda agli Stati la non obbligatorietà del vaccino senza discriminazioni o svantaggi per coloro che decidono di non vaccinarsi.

Comunque, la misura decisa da Draghi spunta le armi dell’opposizione, affilate sull’incostituzionalità dell’obbligo, secondo l’articolo 32 della Costituzione, per il quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Tale appunto è la norma introdotta dal Governo con il decreto legge 44/2021 convertito entro 60 giorni dal Parlamento nella legge 76/2021 del 28 maggio. Un obbligo che ha una scadenza temporale, come l’hanno le conseguenze, perché vale fino alla completa attuazione del piano vaccinale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021. Chi si rifiuta perde il diritto di svolgere mansioni che comportino contatti interpersonali e può essere demansionato dal datore di lavoro o sospeso dal servizio con riduzione o perdita della retribuzione. Un punto giuridicamente sensibile, vista la prevalenza del codice europeo della privacy, è lo scambio dei dati personali tra Regione, Asur e datori di lavoro, oggetto di un pronunciamento del garante per la privacy che ha lamentato la mancata concertazione della norma per contemperare gli interessi costituzionalmente garantiti. La legge prevede anche il differimento o l’omissione della vaccinazione per un accertato pericolo per la salute e il caso di Paternò, militare di 43 anni morto dopo il vaccino per un eccesso di anticorpi, ha fortificato tale richiesta da parte di chi ha già contratto il virus. Ancora, comunque, nelle Marche non si è arrivati all’invito ultimativo ai renitenti a sottoporsi alla vaccinazione.

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