Obbligo vaccinale, presidente di Confindustria Pesaro protesta: «Adesso ci voleva più coraggio»

La presidente di Confindustria di Pesaro Urbino, Alessandra Baronciani
La presidente di Confindustria di Pesaro Urbino, Alessandra Baronciani
di Elisabetta Marsigli
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Venerdì 7 Gennaio 2022, 11:26

PESARO - «Sull’obbligo vaccini ci voleva più coraggio. Restano sugli imprenditori problemi e compromessi»: chiare e dirette le dichiarazioni di Alessandra Baronciani, presidente di Confindustria Pesaro Urbino, commentando le recentissime misure prese dal governo in materia di contrasto al Covid-19. Una stretta su vaccini e Green pass (super e base), con l’obbligo della vaccinazione per gli over 50 che scatta subito fino al 15 giugno e l'obbligo del Super green pass al lavoro per gli over 50 dal 15 febbraio, su cui la rappresentante di Confindustria - uno dei suoi primi commenti ufficiali da presidente fresca di elezione - si poteva osare di più.

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«Da cittadina e da imprenditrice commenta Baronciani - sono assolutamente convinta che solo l’obbligo a vaccinarsi ci possa aiutare a superare questa pandemia, che continua ad avere un impatto devastante sulle nostre comunità, sul nostro sistema sanitario e sulla nostra economia».

Per Baronciani «ci voleva più coraggio da parte della politica, anche alla luce delle posizioni chiare che Confindustria e sindacati hanno preso sull’introduzione dell’obbligo vaccinale sin dalla prima ora - aggiunge, sottolineando che «già l’aver preferito il tampone per il rilascio del Green pass è stata una scelta ambigua, che infatti non ha raggiunto l’obiettivo di convincere in maniera massiccia i contrari alle somministrazioni delle dosi, e che sta avendo un costo significativo a carico dei lavoratori e, in moltissimi casi nella nostra provincia, anche a carico delle imprese».

Le tante criticità
Baronciani nota una debolezza «non secondaria» nel provvedimento appena varato dal governo. «Il nostro sistema economico è fatto soprattutto da piccole e microimprese con pochi dipendenti – spiega – il nuovo provvedimento, se pur contribuirà a contenere il contagio, lascia ancora in capo agli imprenditori la gestione di numerosi problemi e potenziali compromessi.

Cosa può accadere in una piccola azienda di un settore considerato essenziale o strategico se uno degli addetti chiave rinuncia al vaccino e se ne sta a casa sapendo di non poter godere dello stipendio ma di avere il posto garantito?».

«Secondo me ci voleva più coraggio – chiude Baronciani -, anche perché intorno alle nostre aziende si addensano altre criticità: il costo di energia elettrica e gas metano, l’aumento delle materie prime e dei trasporti (per un paese come il nostro che trasporta quasi tutto su gomma), l’inflazione che galoppa, con il conseguente aumento del costo del lavoro, unita alla fine della moratoria sui mutui rischiano di vanificare ogni nostro sforzo verso la ripresa. In ogni caso, prendiamo atto di quanto approvato dal Governo e come Confindustria Pesaro Urbino, assieme a tutte le altre associazioni del territorio, faremo ogni sforzo per cercare di contenere il contagio, e scongiurare ulteriori danni al sistema economico».

Confcommercio in linea
In linea con Baronciani anche Davide Ippaso, segretario di Confcommercio Pesaro: «Dopo due anni di pandemia siamo ancora a creare regolamenti di giorno in giorno che creano ancora più confusione a quella che c’è già stata in questi 24 mesi. Se lo Stato si fosse assunto le sue responsabilità da subito, avremmo risolto la maggior parte dei problemi che abbiamo oggi, anche rendendo obbligatorio il vaccino». 

La confusione
«La confusione del vivere alla giornata - argomenta ancora Ippaso - va contro le basi del commercio, perché l’imprenditore non può decidere cosa fare, come investire e promuovere la sua attività a medio e lungo termine. L’adeguamento ci sarà certo, non senza difficoltà, ma nella confusione proliferano i furbi, anche se come Confcommercio siamo i primi a rispettare le leggi. Pensate però ai ristoratori che sono stati obbligati a seguire in maniere perfetta le normative covid e poi sono stati i primi ad essere chiusi. La politica rimane lontana anni luce dalla realtà».

Il malessere
Il malessere si ripercuote infatti su tutte le associazioni di categoria che tutelano le categorie economiche: «Il disagio è notevole, - interviene Alessandro Ligurgo, direttore provinciale Confesercenti - non perché non sia giusta la norma, ma per come metterla in atto. Occorrerà chiedere la collaborazione dei clienti e c’è da prevedere qualche fastidiosa attesa in più per loro». Ma la preoccupazione di Ligurgo si estende al 15 febbraio, con l’obbligo per tutti i lavoratori delle imprese: «Ci sarà chi si convince vista la perdita dello stipendio, ma io ne conosco qualcuno che non si piegherà a questo “ricatto” e forse avremo qualche azienda che entrerà in difficoltà».

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