Pesaro, Paolo getta la spugna: «Non ci sono le condizioni, il ristorante non riaprirà. Anzi è in vendita»

Pesaro, Paolo getta la spugna: «Non ci sono le condizioni, il ristorante non riaprirà. Anzi è in vendita»
Pesaro, Paolo getta la spugna: «Non ci sono le condizioni, il ristorante non riaprirà. Anzi è in vendita»
di Simonetta Marfoglia
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Venerdì 29 Maggio 2020, 05:00

PESARO-  Al rush finale di maggio riapriranno i chioschi stagionali e i locali che finora avevano tentennato soppesando gli effetti della ripartenza. Ma c’è anche chi non riaprirà e mette in vendita il ristorante: troppi costi, troppe incertezze, troppa confusione. Come Paolo Pagnoni gestore di Vini e Crostini a Baia Flaminia a Pesaro. Una parabola iniziata sette anni fa, nel 2013, poi la decisione di dare a terzi la gestione, il ripensamento con la riapertura l’autunno scorso e ora la decisione definitiva dopo che il lockdown prolungato ha soffocato sul nascere la voglia di rimettersi in gioco.

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«Una decisione sofferta - spiega Pagnoni - perchè nel locale ci avevo messo l’anima e avevo anche trovato uno staff fantastico. Già la riapertura pochi mesi fa era stata una bella scommessa, ma l’inizio era stato incoraggiante, i clienti affezionati non ci avevano dimenticato, insomma ce l’abbiamo messa tutta per rimetterci in pista ma il Coronavirus ci ha tagliato le gambe. Spiace immensamente ma non ci sono più i presupposti per continuare l’attività».
 
Pagnoni fa un passo indietro: «Ci siamo adeguati come tutti alla chiusura, siamo stati a vedere cosa succedeva, poi è stata data la possibilità di consegne a domicilio. Una boccata d’ossigeno solo sulla carta, la legge dice che chi consegna a domicilio deve dichiarare un veicolo coibentato idoneo, per cui c’è già un costo, inoltre l’Iva non è più il 10% ma il 22%. Anche il tira e molla sulle date non mi ha dato alcuna garanzia di sicurezza. E per fortuna che hanno cambiato la norma che in un primo tempo attribuiva al titolare la responsabilità in caso di malattia di un dipendente in quanto il Covid era visto come infortunio sul lavoro. Le stesse restrizioni imposte a noi gestori mi hanno lasciato basito: si concentrano sulla cassa o sul distanziamento dei tavoli, ma i bagni? Se un avventore magari asintomatico va in bagno che succede? Per non parlare dei coperti che all’atto pratico si perdono. Il mio locale sviluppa 100 posti, se ne perdono oltre la metà. Alla fine è questione di matematica, mettere in regola un dipendente tra contributi e paga si aggira intorno ai 3000 euro al mese, io avevo 8 dipendenti, fatevi due calcoli sul volume d’affari da assicurare anche diminuendo il personale. A un certo punto ho persino provato a proporre di entrare in società al personale, naturalmente a costo zero ma accollandosi il rischio d’impresa, ma il senso dell’imprenditoria o ce l’hai o non ce l’hai...». «Alla fine - conclude - la strada è stata obbligata: chiudere e cedere. “Vini e Crostini” mi ha dato tanto e anche molte soddisfazioni, ma le attività hanno anche loro una vita fisiologica. Ho messo in vendita il ristorante: 160mila euro sulla carta, chiavi in mano, cedo il locale a chi è pronto per entrare da subito. L’ideale sarebbe una gestione famigliare in un clima da trattoria, ma se c’è qualche catena cinese interessata sono qua. rovocazione? Forse - chiosa - ma non troppo».

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