Coronavirus killer a Pesaro, un morto ogni cinque contagiati: percentuale "lombarda"

Coronavirus killer a Pesaro, un morto ogni cinque contagiati: percentuale "lombarda"
Coronavirus killer a Pesaro, un morto ogni cinque contagiati: percentuale "lombarda"
di Lorenzo Furlani
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Giovedì 23 Aprile 2020, 10:07

PESARO - La prima provincia investita dall’epidemia nelle Marche e l’ultima a uscirne. Le stime della Regione sull’andamento dei contagi, che collocano la crescita zero alla fine di maggio proprio in questo territorio, confermano la gravità dell’emergenza sanitaria pesarese.



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Nonostante quella di Pesaro Urbino sia la provincia che ha registrato nell’ultimo mese il maggior incremento di tamponi, qui si registra un tasso di mortalità per Covid-19 (deceduti su infetti) impressionante: 19,5%. In pratica, in base ai dati del Gruppo operativo regionale per le emergenze sanitarie, un pesarese su cinque, tra quanti risultano positivi al virus, è morto (nelle Marche il tasso scende al 14,2%). Il dato è superiore a quello complessivo della Lombardia, che ieri faceva registrare una mortalità del 18,4%. 
 
Naturalmente questa statistica è condizionata dai limiti dello screening eseguito con i tamponi faringei, limiti palesi nelle Marche soprattutto nella prima fase dell’epidemia allorché la Regione non disponeva dei reagenti (ora le Marche si collocano a metà strada per numerosità dei tamponi, rispetto ai positivi - quasi 8 a 1 - tra le regioni più esposte al virus). Infatti, l’esiguità dei test molecolari sottostima la popolazione infetta e, soprattutto, riduce il contenimento del virus per la mancata individuazione dei casi infettivi da isolare.
Ma i dati sulla mortalità complessiva della popolazione, anticipati dall’Istat, danno con certezza a Pesaro un rilievo nazionale per la gravità del focolaio epidemico derivato. Infatti, nel territorio comunale a marzo si è registrata una mortalità del 3,25 per mille abitanti. La media del mese nel quinquennio precedente era dello 0,9 per mille. L’aumento è 260,5%. Questo tasso di mortalità colloca Pesaro nella cinquina dei comuni capoluogo di provincia, censiti dall’Istat, con i valori più alti, dietro Bergamo (5,44 per mille), Cremona (4,94), Piacenza (4,37) e Lodi (4,06). Ma, mentre queste province lombarde ed emiliana sono in contiguità territoriale, Pesaro si trova a 300 chilometri di distanza.
Ora che molti indicatori dell’epidemia sono in regresso, le condizioni che hanno determinato uno sviluppo così virulento meritano di essere analizzate per evitare che si possa riprodurre un’analoga emergenza. La gravità dei casi, manifestatisi subito con difficoltà respiratorie, ha portato all’inizio di marzo al collasso del sistema sanitario territoriale, con focolai infettivi negli ospedali. Per due volte l’azienda Marche Nord, anche con toni ultimativi, ha invitato il 118 a non accedere ai pronto soccorso con soggetti affetti da patologie di area medica, salvo le urgenze, per la saturazione della terapia intensiva con le apparecchiature di ventilazione e dei posti letto di rianimazione.
A Torrette il 7,4% dei morti
A Marche Nord sono morti 255 pazienti per Covid-19 secondo il Gores, pari al 29,7% del totale delle Marche (857). Il secondo ospedale con il maggiore numero di vittime è quello di Urbino, con il 10,4%. All’ospedale di Torrette di Ancona le vittime non superano il 7,4% (non c’è un protocollo regionale per le terapie). Nella provincia pesarese sono decedute, secondo l’ultimo bollettino del Gores, 466 persone, pari al 54,4% delle vittime marchigiane.

Un costo umano elevatissimo, aggravato dalla scomparsa affettiva e sociale di quanti (a causa del rischio di contagi) sono morti senza il conforto dei familiari e, poi, senza un adeguato commiato funebre.

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