Grave il professionista contagiato in Olanda: terapia estrema per salvarlo. Famiglia senza tamponi per 5 giorni

Grave il professionista contagiato in Olanda: terapia estrema per salvarlo. Famiglia senza tamponi per 5 giorni
Grave il professionista contagiato in Olanda: terapia estrema per salvarlo. Famiglia senza tamponi per 5 giorni
di Lorenzo Furlani
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Giovedì 22 Ottobre 2020, 09:36 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 10:12

FANO - Si torna a lottare per la vita nei reparti Covid dell’ospedale Marche Nord e fatalmente il sistema sanitario locale si ritrova in affanno nel dare risposte tempestive per la complessità delle urgenze suscitate dall’epidemia

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Il professionista fanese gravissimo, perché colpito da un virus molto aggressivo contratto verosimilmente ad Amsterdam, si trova da martedì nella terapia intensiva dell’ospedale regionale di Torrette di Ancona dove è sottoposto all’Ecmo, l’ossigenazione extracorporea a membrana, una tecnica molto invasiva che sostituisce i polmoni nell’ossigenazione del sangue.

Ma la sua famiglia - la moglie e quattro figli in età scolare -, precipitata in un incubo di cui ancora non vede la fine, è stata lasciata a casa senza provvedimenti sanitari, per verificare l’eventuale diffusione del contagio, per 5 giorni, nonostante la donna fosse continuamente al telefono per parlare con medici e strutture sanitarie.
L’esame molecolare due giorni fa
L’unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell’Area vasta 1 si è recata al domicilio familiare solamente martedì, attivata nella stessa giornata dalla pediatra, per sottoporre a tampone i quattro figli minori, che per la loro età coprono un arco scolastico che va dalla prima elementare alla prima superiore. Nel caso si accertino positività al Covid-19, è evidente il ritardo con cui verrebbe inoltrata la segnalazione ai tre istituti d’istruzione e alle quattro classi coinvolti per prevenire, secondo il protocollo sanitario approntato per le scuole, eventuali focolai di infezione. Addirittura nessun test era stato predisposto dalla sanità pubblica fino a ieri per la moglie, rimasta a stretto contatto con il congiunto infetto per più di una settimana prima del ricovero, al punto che la donna nel pomeriggio di ieri si è rivolta autonomamente a un laboratorio privato per eseguire il tampone.
Gianluca Santorelli, noto commercialista fanese e negoziatore internazionale, è solito compiere missioni di lavoro all’estero e, considerando l’aumentato rischio per le sue interazioni professionali, si sottopone con una certa regolarità agli esami per l’accertamento del Covid-19. Così aveva fatto anche al rientro dal viaggio nei Paesi Bassi. Secondo quanto si apprende dalla famiglia, il 9 ottobre si era recato in un laboratorio privato di Rimini per eseguire un test sierologico. Nella stessa giornata aveva ricevuto la risposta, che era negativa: non era stata rilevata la presenza di alcun tipo di immunoglobuline. E questo evidentemente l’ha messo su un avviso sbagliato. Dal giorno seguente, infatti, aveva iniziato a manifestare alcuni sintomi tipici del coronavirus, come tosse e febbre, a cui non ha dato importanza forte di quell’esame negativo, che peraltro confermava l’esito di precedenti accertamenti anche di tipo molecolare. Non ha considerato il periodo finestra del test, che non rileva l’infezione in un arco temporale dai 7 ai 14 giorni successivi al contagio. Perciò, Gianluca Santorelli è rimasto a casa per sei giorni. La febbre gli è salita fino a 38. E le preoccupazioni si sono affacciate quando ha accusato un affanno nel respiro. All’ospedale di Pesaro è stato portato d’urgenza dal 118 nelle prime ore notturne di giovedì 15. A Marche Nord hanno rilevato una carica virale di Covid-19 che non si riscontrava dal picco delle infezioni di marzo. Le condizioni cliniche del professionista sono rapidamente precipitate, è stato intubato dopo due giorni e dopo altri tre è stato trasferito all’ospedale regionale per la tecnica estrema - ci sono rischi per la sua invasività - che fa riposare i polmoni, affetti da una gravissima insufficienza respiratoria, affinché la terapia possa agire (a Marche Nord gli hanno trasfuso il plasma iperimmune e somministrato un antivirale). 
Procedura confermata ma non attivata
La moglie di Gianluca Santorelli nella giornata di giovedì si è rivolta al medico di famiglia, che le ha detto che la procedura per l’esecuzione dei tamponi doveva essere attivata dall’ospedale.

Nel pomeriggio le è arrivata la telefonata (da un cellulare) di un addetto dell’ufficio prevenzione che le ha dato conferma dell’invio dell’Usca. Tutti i figli da quel giorno sono stati tenuti prudenzialmente a casa. Ma l’Usca non è arrivata. La donna riferisce di aver ripetutamente telefonato a un numero del dipartimento di prevenzione senza mai ricevere risposta. Martedì il medico di base ha verificato che l’Usca non era stata attivata. È intervenuta la pediatra che ha risolto subito il problema per i quattro figli. Certamente, si è perso tempo prezioso. Ma ora gli sforzi sanitari, il pensiero e le preghiere sono tutti per Gianluca Santorelli.

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