Autista del 118 ucciso dal Covid, la vedova contro l'archiviazione: «Indagini parziali e travisate»

Autista del 118 ucciso dal Covid, la vedova contro l'archiviazione: «Indagini parziali e travisate»
Autista del 118 ucciso dal Covid, la vedova contro l'archiviazione: «Indagini parziali e travisate»
di Lorenzo Furlani
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Venerdì 9 Aprile 2021, 09:08

PESARO - «Le indagini sono state svolte in maniera incompleta, parziale e totalmente travisata». Gli avvocati dei familiari di Giorgio Scrofani contestano radicalmente l’esito degli accertamenti preliminari sulla morte per Covid-19, avvenuta il 30 marzo 2020, dell’autista soccorritore della Croce Europa Valconca, 56enne di Fano, in servizio presso la postazione territoriale di soccorso del 118 di Calcinelli.

Il sostituto procuratore della Repubblica di Pesaro, Giovanni Fabrizio Narbone, ha presentato al giudice per le indagini preliminari la richiesta di archiviazione dell’indagine per omicidio colposo aperta dopo la denuncia-querela dei familiari a carico del presidente della Croce Europa Valconca, Ferruccio Giovanetti, ritenendo che non sia provato il nesso causale tra l’infezione fatale e la violazione delle norme poste a tutela della salute dei lavoratori.

Le contestazioni
Nell’atto di opposizione all’archiviazione depositato, in rappresentanza della moglie della vittima Carla Ioele, dall’avvocato Giulio Maione - il quale annuncia che seguiranno quelli del suo collega Wakim Khuri per conto della figlia Camilla e dell’avvocato professore Antonello De Oto, ordinario presso l’Università di Bologna, in nome della sorella Pasqualina - si segnalano carenze investigative e risultanze omissive delle indagini svolte.

Secondo le testimonianze dei colleghi di lavoro della vittima fornite dall’avvocato Maione, che presentano alcuni riscontri con quelle verbalizzate dalla polizia giudiziaria, i dipendenti della Croce Europa Valconca impegnati nel soccorso sulla prima linea della pandemia non avrebbero ricevuto alcuna formazione specifica sui rischi di contagio da coronavirus e avrebbero avuto a disposizione un numero insufficiente di dispositivi di protezione individuale (tute, camici mascherine, calzari), forniti esclusivamente dall’Asur, tanto da usare più volte gli stessi, nonostante fossero monouso, o da ricorrere a soluzioni d’emergenza con pellicole trasparenti per alimenti o sacchetti di plastica.

Un dipendente riferisce anche di aver visto le tute monouso appese ad asciugare dopo essere state lavate con il tubo dell’acqua. In particolare, in base alle risultanze delle indagini difensive che si sono avvalse di vari consulenti tecnici, nell’opposizione all’archiviazione si sostiene l’esistenza di gravi carenze organizzative e gestionali nei luoghi di lavoro della Croce Europa Valconca (le sedi di Calcinelli, Fano e Mercatino Conca), contestando la ricostruzione svolta dal servizio ispettivo dell’Asur Area vasta 1, al quale per competenza specifica sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro la procura ha delegato le indagini, «in quanto la realtà è ben diversa da quella rappresentata».

Le forti perplessità
La difesa della moglie di Scrofani esprime forti perplessità sulle conclusioni della polizia giudiziaria e muove dubbi sulle dichiarazioni verbalizzate delle infermiere, che hanno riferito la disponibilità di mascherine, occhiali e camici monouso usati anche dall’autista soccorritore, in quanto le stesse sono dipendenti dell’Asur, «soggetto che potrebbe essere ritenuto concorrente nelle condotte delittuose che hanno cagionato la morte del compianto Scrofani».

Al riguardo l’avvocato Maione riferisce che nell’agosto 2019, prima della pandemia, la Uil aveva presentato un esposto all’Asur per violazioni in materia anti infortunistica, che aveva portato a un verbale di prescrizione e contravvenzione nei confronti della Croce Europa Valconca. L’avvocato ipotizza che la mancata sospensione della convenzione con l’azienda potrebbe comportare un coinvolgimento dell’Asur nell’attuale inchiesta penale.

Le richieste al giudice
Per questo aspetto e per quelli relativi alla diffusione del virus (altri due lavoratori sarebbero risultati positivi al test sierologico nei 15 giorni che precedettero la malattia di Scrofani), alle procedure aziendali e all’aggiornamento della valutazione del rischio biologico per il Covid-19 (il consulente biologo Ivan Vitali giudica sommario e generico il documento base), l’avvocato Giulio Maione lamenta la mancata acquisizione di documentazione ritenuti decisivi.

Pertanto, al giudice per le indagini preliminari chiede l’imputazione coatta o in alternativa la prosecuzione delle indagini coinvolgendo in concorso il rappresentante legale dell’Area vasta 1 dell’Asur e, per la responsabilità amministrativa, l’associazione Croce Europa Valconca.

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