Il paziente zero delle Marche finalmente sta bene: «Guarito a Fermo dal farmaco anti Hiv»

Tavullia, il paziente zero delle Marche torna a casa: «Guarito a Fermo dal farmaco anti Hiv»
Tavullia, il paziente zero delle Marche torna a casa: «Guarito a Fermo dal farmaco anti Hiv»
di Gianluca Murgia
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Giovedì 2 Aprile 2020, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 10:38

TAVULLIA - Il probabile “paziente zero” delle Marche è guarito. Determinante, nel suo caso, il primo in ordine di tempo nella nostra regione, la terapia per l’Hiv effettuata per tre giorni nel reparto Malattie Infettive dell’ospedale di Fermo.

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«Tre bicchieri di liquido simile al latte ma con un gusto al veleno» ricorda, ora, il signor Ovani («Metta solo il cognome, per favore), 60 anni, residente nel Comune di Tavullia. Ieri mattina, nel centro sanitario “post critici” di Chiaravalle, dove si trova dal 20 marzo, è risultato negativo, nel giro di 24 ore, al doppio tampone. Stava male dallo scorso 22 febbraio. Febbre a 39.3. Da allora è stato ricoverato 40 giorni. «E li ricordo tutti - racconta - Il mio medico diceva che era influenza, non pensava che potesse essere Coronavirus. Mi ha dato antibiotici e punture. Ho resistito a casa fino al 29 febbraio. La mia compagna dicevo che respiravo male. E abbiamo chiamato il 118». 
 
Ricovero e poi Chiaravalle
«Mi hanno portato all’ospedale di Pesaro e fatto il tampone: dopo due ore mi hanno detto che ero positivo e, alle 2.30 di notte, mi hanno portato in ambulanza a Fermo. Io volevo restare vicino casa...». L’incubo iniziato sabato 22 febbraio, il sabato dopo aveva contorni precisi: una stanza singola, sigillata, senza finestre, dell’ospedale di Fermo a 148 Km da casa. «C’era solo un bocchettone sul soffitto - ricorda Ovani -. I dottori, di cui non vedevo neppure gli occhi da quanto erano protetti, per entrare e uscire si decontaminavano in un’altra stanza». Come nello spazio. «Al lunedì la dottoressa, di cui non so il nome ma che ringrazierò sempre e che una volta finito tutto andrò a trovare, ha iniziato subito la terapia sperimentale per l’Hiv approvata a Milano. I polmoni si erano aggravati, ero messo male. Dopo tre giorni la febbre era sparita. La dottoressa, pur coperta, era felicissima. Lo capivo. Anche perché non ho avuto nessuno degli effetti collaterali previsti. E non mi hanno intubato, ho ricevuto solo l’ossigeno. Mi hanno detto che mi ha salvato il fatto che non sono fumatore, sono astemio e ho sempre praticato sport. Ma qualcuno, in alto, mi ha aiutato». E il pensiero va alla moglie scomparsa, due anni fa, per un brutto male («I medici del 118 ci dissero che non era nulla, ci sbeffeggiarono: due mesi dopo morì»). 

«Tre tentativi per vivere»
«Dopo la terapia, ogni giorno, ho preso un secchio di medicine - ride - Urinavo denso, nonostante dovessi bere tre litri di acqua al giorno. C’era la Tv ma non avevo la forza di guardarla, l’unica compagnia era il telefono». Tra le chiamate quella della sindaca Paolucci, della compagna (che non vedo dal 29 febbraio, a Chiaravalle l’hanno fermata al cancello») e dei parenti («Avevo avuto contatti con mia madre di 84 anni mentre con mio zio di 78 anni ho lavorato per 2 ore il 22 febbraio: nessuno si è ammalato»). «Il 20 marzo mi hanno trasferito a Chiaravalle. Almo c’era una finestra, vedevo case: per me era il mondo. Il tampone del 12 marzo è risultato positivo. L’ho rifatto il 22: ancora positivo. Poi, il 30, finalmente, negativo e il 31 marzo il bis: negativo e ufficialmente guarito. Domani (oggi, ndr) mi disinfettano e mi mandano a casa. I vestiti che avevo sono da buttare. Dove mi sono ammalato? Il 21 febbraio ho partecipato a uno sciopero a Pesaro ma nessuno dei colleghi si è ammalato. Lo stesso giorno sono andato in ospedale a Pesaro a ritirare gli esami per la tiroide e da lì poi sono andato in un laboratorio privato. Gli esami erano sballatissimi ma non stavo male, anzi, al pomeriggio sono andato a lavorare con mio zio». 
Adesso che questo incubo è passato tornerà ad abbracciare la sua compagna: «Stiamo insieme da Natale, lei è veramente tosta, gentile, premurosa.

Non mi ha abbandonato. Non si è ammalata ma è dovuta stare in isolamento. Fortuna che con lei c’era il suo cane, Lucy. Solo una cosa mi fa arrabbiare: nonostante quanto accaduto nessuno le ha fatto i tamponi promessi quella sera dal 118. Abbiamo chiamato anche il Ministero e i carabinieri: nulla. Un comportamento vergognoso e pericoloso». 

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