Il rimprovero del vescovo di Fano: «Per i sacrifici del Covid nessun operatore socio sanitario è diventato cavaliere del lavoro»

Il rimprovero del vescovo di Fano: «Per i sacrifici del Covid nessun operatore socio sanitario è diventato cavaliere del lavoro». Nella foto la celebrazione per i defunti nel cimitero centrale
Il rimprovero del vescovo di Fano: «Per i sacrifici del Covid nessun operatore socio sanitario è diventato cavaliere del lavoro». Nella foto la celebrazione per i defunti nel cimitero centrale
di Massimo Foghetti
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Giovedì 3 Novembre 2022, 02:15 - Ultimo aggiornamento: 16:32

FANO - Sempre sferzanti le parole del vescovo Armando Trasarti che specie in occasione di cerimonie pubbliche, quando ha di fronte a sé una platea di cittadini e di autorità, non manca di affrontare in termini critici argomenti di stretta attualità. Lo ha fatto anche ieri, nel corso della omelia della messa celebrata all’interno del cimitero di via Giustizia, in occasione della commemorazione dei defunti.  

Commemorati i defunti

Come sempre il rito viene celebrato sul sacrario che ricorda i caduti in guerra, i cui nomi sono stati iscritti sulle lapidi che circondano il cippo centrale. Prendendo lo spunto da quei nomi il presule ha richiamato la mancanza di un ricordo di tutto quel personale ospedaliero che nel fare il proprio lavoro è deceduto negli ultimi due anni a causa della pandemia; anche questa una guerra combattuta eroicamente senza medaglie e purtroppo senza riconoscimento alcuno. «Non figurava nessun operatore socio sanitario – ha rilevato – tra coloro cui recentemente in Prefettura è stato consegnato il titolo di cavaliere del lavoro». A differenza dei diversi medici gratificati per il lavoro compiuto.

Esiste quindi una disparità anche nel considerare la morte e lo si nota dal modo di costruire le tombe: tombe umili, tombe lussuose. Monsignor Trasarti non ha criticato le tombe signorili, ma le sue parole hanno lasciato trasparire una predilezione per l’uniformità, ricordando le parole di un sacerdote che in punto di morte disse: «Più fiori ci sono in una tomba, più sensi di colpa ci sono nella vita».

Il malessere dei sacerdoti

In realtà anche i preti temono la morte, è umano! «Ci sono preti – ha evidenziato il vescovo – che si sono presentati traumatizzati di fronte alla morte; eppure ciascuno di loro ha fatto molte prediche durante i funerali per consolare gli afflitti dei defunti.

Ciò per dire che il rapporto tra le parole dette e la vita vissuta non è sempre in sintonia. Oggi noi dobbiamo riconciliarci con la morte, l’unica cosa veramente certa per tutti i viventi. In realtà morire non è nulla, il difficile è vivere e vivere bene». 

La qualità di una civiltà si misura dalla cura che questa presta ai cimiteri, quale luoghi della memoria e di un riferimento a un qualcosa di trascendente che anche un laico non può non sentire. «Dalla cura dei cimiteri e dalla cura degli anziani, coloro che sono prossimi a morire - ha aggiunto Trasarti -, ma che hanno dato tanto, ciascuno con le sue possibilità, alla vita che resta».

L’uccisione di 640 soldati

Nel ricordare i defunti il vescovo ha usato parole di pietà anche per quei 640 soldati russi che sono morti in guerra in un solo giorno, forse soldati mandati allo sbaraglio, aggressori senza la coscienza di esserlo.
Anche la città di Fano ha vissuto momenti terribili durante la seconda guerra mondiale. Allora fu un vescovo, Vincenzo del Signore, ad assumersi l’impegno di podestà per difendere la città nel momento in cui l’esercito tedesco costretto alla ritirata si era fatto più aggressivo. Non riuscì ad evitare l’abbattimento dei campanili, ma nessun fanese rimase ucciso.

«Il sindaco abbatta il campanile»

Tuttavia la ricostruzione non è stata sempre felice: monsignor Trasarti non ha esitato a chiedere ieri al sindaco di Fano Massimo Seri di abbattere il campanile del duomo ricostruito dopo la guerra, la cui sagoma contrasta fortemente con l’aspetto della cattedrale.

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