La sottosegretaria Accoto: «Treno e ciclovia incompatibili, si studia il ritorno dei passeggeri»

La ferrovia Fano-Urbino
La ferrovia Fano-Urbino
di Lorenzo Furlani
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Sabato 26 Giugno 2021, 08:59

FANO - Lo studio di fattibilità per la riapertura della ferrovia Fano-Urbino, in corso di elaborazione da parte di Rete Ferroviaria Italiana, valuta il ripristino della tratta non solo per il treno turistico bensì anche per il trasporto pubblico locale. In ogni caso, indipendentemente dalla riattivazione, secondo i vertici di Rfi la costruzione della ciclovia del Metauro è incompatibile con il sedime ferroviario.

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Il confronto con Fiorani
Sono queste le due rilevanti novità riportate dalla senatrice fanese Rossella Accoto, sottosegretaria al lavoro del governo Draghi, dall’incontro della settimana scorsa con l’amministratrice delegata, Vera Fiorani, e due dirigenti dell’azienda concessionaria dell’infrastruttura ferroviaria nazionale.

La prima novità (appena accennata nel comunicato stampa di 9 giorni fa) rilancia le potenzialità della tratta Fano-Urbino, chiusa 34 anni fa e dismessa nel 2011, che potrebbe assolvere all’esigenza di collegamenti funzionali ed efficienti su ferro lungo la Valmetauro (nel percorso di 48,75 chilometri) non solo per le necessità turistiche di Urbino, bensì anche per i bisogni della città universitaria, con una popolazione studentesca superiore a quella residente, e, in generale, per le opportunità di integrazione tra costa ed entroterra.

La seconda novità azzera le polemiche sulla convivenza tra ciclovia e ferrovia, correggendo in modo sostanziale il dibattito degli ultimi anni sul recupero dell’infrastruttura e cancellando le ragioni della coda velenosa per la chiusura da parte della Regione della conferenza dei servizi sul progetto per la realizzazione della pista ciclabile a un metro e mezzo dai binari.

La ciclovia seguirà un percorso a una distanza maggiore compatibile con il ritorno del treno.

La scelta con l'analisi costi benefici
«Inizialmente era stato richiesto uno studio di prefattibilità solamente come tratta turistica e poi si è pensato di richiederlo anche come tratta commerciale - ha spiegato la sottosegretaria Accoto ieri sera nel programma “Dentro la notizia” di Fanoinforma web tv - . La scelta sarà fatta sulla base dell’analisi costi benefici. Non si è parlato ancora di costi, si è parlato della messa in sicurezza della tratta. Il costo verrà valutato successivamente anche in base al tipo di locomozione: a idrogeno, diesel o ibrida. Si vedrà in autunno, quando ci sarà la consegna dello studio di fattibilità».

L’eventuale recupero commerciale richiederà un aggiornamento della legge 128/2017, che ha inserito la Fano-Urbino tra le ferrovie turistiche. Ma per certi aspetti più impattante è la comunicazione relativa alla pista ciclabile.

«L’amministratore delegato Fiorani è stato molto chiaro - ha dichiarato Rossella Accoto -: ha detto che fino a quando questa tratta esiste e può essere utilizzata non si possono costruire piste ciclabili a una distanza molto breve, così come prospettato nei progetti della Regione. Ricordo che quando alla fine del 2019 andai a parlare per la prima volta con l’amministratore delegato dell’epoca, Maurizio Gentile, questi mi aveva detto espressamente di aver chiesto alla Regione Marche di trovare percorsi alternativi alla ferrovia. Quindi, fino a quando questa tratta può essere riutilizzata non ci possono essere ciclovie accanto».

Le distanze stabilite dalla legge
Nell’incontro l’amministratrice Vera Fiorani ha precisato che nulla può essere costruito a una distanza inferiore a 30 metri dai binari finché la ferrovia non venga eventualmente smantellata con decreto ministeriale. Si tratta della disposizione del Dpr 753/1980, articolo 49. Le deroghe devono essere autorizzate da Rfi.

Ma in realtà le vie della burocrazia sono infinite, almeno quanto quelle della politica. Perché, nonostante questi autorevoli pareri dei massimi rappresentanti di Rfi, la sede di Ancona dell’azienda, con il servizio ingegneria, aveva espresso un parere di massima favorevole alla pista ciclabile sul sedime ferroviario nella conferenza dei servizi regionale prescrivendo una distanza minima dalla più vicina rotaia di 1,5 metri in base alla legge 191/74.

Le incongruenze normative
Tale legge disciplina la prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dalle ferrovie dello Stato; il regolamento di attuazione del 1979 precisa che l’uso della bicicletta è riservato al personale tecnico di servizio. Evidentemente questa norma per le tratte in esercizio si è applicata per analogia alla tratta dismessa ma la libertà interpretativa è molto ampia perché quella distanza di 1,5 metri è riferita agli oggetti rimovibili. Il portato sarebbe stato che l’eventuale riapertura della ferrovia avrebbe provocato lo smantellamento della ciclovia e un ricorso al Tar (già annunciato di fatto dall’associazione Ferrovia Valle Metauro) avrebbe rischiato di bloccare il progetto con la perdita dei 4,5 milioni di euro di finanziamento.

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