PESARO Il 5 marzo monsignor Sandro Salvucci si insedierà alla guida dell’arcidiocesi di Urbino. «Incontrerò sindaci e comitato, le preoccupazioni sono comprensibili, ma remiamo nella stessa direzione. Non sono nè un politico nè un manager, sono un pastore e non lascerò indietro nessuno».
Il confronto
L’Arcivescovo di Pesaro Monsignor Sandro Salvucci ieri mattina ha incontrato la stampa in occasione del centenario della proclamazione di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Dopo un confronto cordiale sul tema della comunicazione durato circa un’ora, con uno scambio di opinioni e riflessioni con gli operatori dell’informazione locale, monsignor Salvucci ha anticipato che «la data dell’ingresso nell’arcidiocesi di Urbino è decisa, sarà il 5 marzo. Siamo in un tempo segnato anche da tante manifestazioni di preoccupazione, difficoltà rispetto a questo progetto che da mesi era ventilato. Io credo che tutti coloro che hanno espresso motivi di difficoltà e contrarietà, sono persone che meritano attenzione, meritano attenzione i temi che sono stati posti. Presterò attenzione a tutte queste istanze e anche osservazioni, perchè il desiderio che penso muova chi si è espresso anche in termini di contrarietà e il desiderio che mi appartiene come pastore è il medesimo, operare per il bene del popolo che vive quel territorio. E dunque in queste settimane di preparazione, mentre porto avanti il mio impegno pastorale nella diocesI di Pesaro, ci sono tanti contatti e incontri per iniziare nel modo migliore possibile il servizio nella chiesa e nel territorio di Urbino».
La semina e la pazienza
Monsignor Salvucci si dice pronto ad adottare «la tecnica dell’agricoltore, la semina e la paziente attesa.
Cosa cambia
La figura del vescovo, come ha sottolineato lo stesso monsignor Salvucci, non è più quella di un tempo. «Se in passato il vescovo rappresentava più la figura che vive in un palazzo, oggi questi aspetti ci sono in parte, ma la mia funzione è quella di essere accanto ai sacerdoti, ai fedeli, alle realtà del territorio. Non sono un politico, un manager, un amministratore delegato, ma io sono un pastore che è vicino a tutti, in modo particolare alle persone più periferiche, anche verso i centri più periferici, nessuno verrà lasciato indietro. Devo dire che c’è un atteggiamento di accoglienza - conclude - fino a quando il dibattito resta a distanza è un conto, poi quando ci si incontra ci accorgiamo che parliamo la stessa lingua e magari manifestiamo gli stessi desideri, e possiamo remare nella stessa direzione».