Ucchielli non ha dubbi: «Per il bene dei due minori, della loro famiglia e della comunità dovrebbero essere rimandati tutti in Marocco»

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Domenica 12 Novembre 2017, 05:00
LE REAZIONI
PESARO Una sentenza troppo pesante, che una volta placato il clamore mediatico, potrebbe essere attenuata nel processo d'appello. È questa l'opinione dell'avvocato Giovanni Scarpa, difensore di Guerlin Butungu, il congolese condannato venerdì a 16 anni di carcere per i delitti di Rimini commessi dal branco di belve di Vallefoglia.
Nessuna sorpresa
«Mi aspettavo una sentenza di questo livello - spiega Scarpa - che però considero eccessiva, i giudici sono stati troppo severi con il mio assistito che paga il fatto di essere l'unico maggiorenne del gruppo. In casi come questi, la pressione esterna dell'opinione pubblica è molto forte per i modi dei fatti e anche se non so come questo fattore possa influenzare le sentenze, credo che si sia voluto dare un segnale in risposta alle tensioni che si sono create sul territorio». Scarpa non è d'accordo neppure nell'identificare Butungu come la mente del branco, il capo che decideva cosa fare, quando e come. «Gli altri componenti del gruppo non sono quasi stati considerati finora, Butungu non è il loro capo ma, ripeto, è solo l'unico maggiorenne e per questo ha pagato. Ovviamente faremo appello, generalmente, con il secondo grado di giudizio, si riesce a ottenere un'attenuazione della pena, specialmente quando la pressione esterna si calma».
L'irriducibile
Molto più duro il sindaco di Vallefoglia Palmiro Ucchielli, che sta conducendo una battaglia personale sul piano della sicurezza nel Comune dove sono residenti i due fratelli marocchini di 15 e 17 anni che insieme al 16enne nigeriano residente a Pesaro facevano parte del branco. «In casi come questi la gente si aspetta pene esemplari - spiega Ucchielli - e bene hanno fatto i giudici a inasprire la condanna rispetto alla richiesta del pubblico ministero. Personalmente, penso che per il bene dei due minori, della loro famiglia e soprattutto per il bene della comunità di Vallefoglia, quei ragazzi dovrebbero essere rimandati tutti in Marocco».
Soddisfatto l'avvocato Enrico Graziosi, che nel processo rappresentava la signora peruviana violentata la sera del 25 agosto. «La mia assistita, che è una donna a tutti gli effetti sin dal 2002, ha sempre avuto un desiderio di giustizia ma mai di odio o di vendetta, anzi, poco dopo la sentenza, mi ha confidato di provare pena per le persone condannate, augurandosi soprattutto per i minori un vero percorso rieducativo».
La trans violentata è l'unica persona in questo contesto ad avere espresso parole di pietà. «Dopo un periodo che passerà in Perù - spiega ancora l'avvocato Graziosi - tornerà a Rimini dove dovrebbe stabilirsi definitivamente. Personalmente, provo molto fastidio per i commenti feroci nei confronti dei colleghi che hanno difeso Butungu e per tutti quelli che hanno evocato le cose più brutali per punire l'imputato».
Il segno di pietà
La donna peruviana ha sempre mantenuto un basso profilo durante tutta la vicenda, evitando accuratamente anche di farsi fotografare. «Credo che la sentenza sia equa e corretta - spiega invece l'avvocato Elena Fabbri, legale dell'Associazione Butterfly antiviolenza e stalking, che si è costituita parte civile e ha ottenuto 5.000 euro - e che sia in grado di reggere i tre gradi di giudizio, anche se non si potranno mai risarcire veramente le vittime, le pene passano ma i danni subiti rimangono per tutta la vita».
Stefano Mascioni
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