LA STORIA
PESARO Come scalare una montagna. Un padre nel tunnel di una dipendenza

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Sabato 13 Luglio 2019, 05:04
LA STORIA
PESARO Come scalare una montagna. Un padre nel tunnel di una dipendenza (l'alcol) e un giovane figlio che si ritrova coinvolto in un rovesciamento di ruoli dove è lui che deve prendersi cura del genitore, più fragile e bisognoso. Un tunnel buio, un percorso ad ostacoli, un'immersione in apnea senza riuscire a riprendere fiato ma, alla fine, la luce. Non la luce che abbaglia, ma la tenue e confortante fiammella della speranza che diffonde calore e fiducia attraverso una lettera aperta. Una lettera generosa, commovente, istintiva, scritta di getto da un giovane figlio, un ragazzo, che ha preso per mano il padre, facendolo rinascere una seconda volta. Il testo-testimonianza di Alessandro Marte vuole essere un seme gettato nella terra anche più brulla e arida con la fiducia che da quel seme nascerà una nuova pianta, quella della seconda possibilità.
Il racconto
«Questo era mio padre. Gli è sempre piaciuto bere... fino a quando l'alcol non ha preso possesso di lui. Era diventato un alcolizzato. Gli alcolizzati non bevono per piacere, bevono per bisogno. Sono talmente dipendenti da quella sostanza che manderebbero a puttane la loro vita e la loro famiglia, pur di bere un altro bicchiere. Alcol maledetto. Questo era mio padre. Circa un anno fa, quando già avevo chiuso praticamente ogni rapporto con lui, mi arrivò una chiamata che da lì a poco avrebbe cambiato tutto. Ale, tuo padre ha bisogno di te, fai presto!, non sapevo niente di ciò che mi aspettava. Per farla breve, mio padre era entrato in una fase di crisi d'astinenza, perché voleva smettere di essere dipendente da quel mostro. Solo che le crisi d'astinenza da alcol, in una persona con tanti anni di dipendenza, sono devastanti. Da quel giorno in poi è andato sempre a peggiorare, non camminava più, non riusciva a parlare e a riconoscere le persone. Per mangiare gli facevo l'aeroplanino. Proprio come si fa ai bambini. Il nostro dottore di fiducia mi esortò: Alessandro devi essere forte, in queste condizioni le prospettive di vita arrivano a due mesi, l'unica soluzione sarebbe un trapianto di fegato immediato, ma ti dico già che sarà molto difficile, se non impossibile. Cosa che poi mi è stata confermata. Insomma, non solo i ruoli erano invertiti, ma stava anche morendo, proprio un bello scherzo. Una mattina, in ospedale, la dottoressa del reparto (una persona meravigliosa) mi disse amareggiata: Tuo padre anche oggi non è cosciente, mi dispiace, proveremo altre terapie.... Subito dopo, entrai come al solito nella sua stanza, ma appena aprii la porta lui sgranò gli occhi, come se fosse sorpreso, riempì i polmoni di vita e mi disse semplicemente: Oh, ciao!. Ecco come delle volte, anche le cose semplici come un saluto, acquisiscono un valore immenso. Corsi subito a chiamare la dottoressa, che appena lo vide rimase ammutolita, e l'unica cosa che riuscì a proferire fu: È incredibile.... Oggi mi rendo conto che è successo veramente qualcosa di incredibile. Mio padre, anche se forse non riacquisterà mai il cento per cento delle funzionalità, oggi cammina, parla, mi riconosce, mangia con le sue mani e ha vinto la sua battaglia contro quel mostro».
Ieri e oggi
«Questo - prosegue il giovane - è oggi mio padre. Mi ha confermato che quando hai nel cuore una grande motivazione, anche nei momenti più difficili troverai le forze per tirare fuori il meglio di te e rinascere. Mi ha anche fatto capire che purtroppo ci sono molte persone, che non hanno avuto una seconda possibilità e che ce ne sono ancora di più, che stanno sprecando l'unica che hanno. È per questo che sono sempre in piedi, alla mia motivazione, devo tutto. A fine giugno abbiamo festeggiato due compleanni insieme, i miei 27 anni e la sua nuova vita. Spero che questa storia dia un messaggio di forza alle persone che la leggeranno».
r.p.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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