LA RICERCA
PESARO Dall'uso prescritto solamente per i malati e per chi li assiste

3 Minuti di Lettura
Giovedì 9 Aprile 2020, 05:04
LA RICERCA
PESARO Dall'uso prescritto solamente per i malati e per chi li assiste all'impiego generalizzato per tutti coloro che escono di casa. È l'evoluzione della regola di profilassi applicata alle mascherine facciali nei primi 45 giorni di emergenza conclamata del Coronavirus, che segna l'indirizzo per la prossima fase 2, quella della riapertura delle attività.
Tornando a sviluppare le relazioni sociali, con la curva dell'epidemia in calo e l'obiettivo di impedire un'inversione della tendenza, naso e bocca di ciascuno dovranno essere coperti prima ancora che per un obbligo dell'autorità (la prima a imporlo è stata la Regione Lombardia) per un elementare principio di precauzione, considerato che una serie di studi e ricerche internazionali pubblicata nelle ultime settimane registra la presenza del virus nelle particelle ultrafini dell'aria (aerosol), oltre che nelle goccioline di saliva, nei pressi di una persona infetta, segnalando di conseguenza l'utilità dell'uso delle mascherine.
La trasmissione del Covid-19
«I principali mezzi di trasmissione del Covid-19 da persona a persona sono aerosol e piccole goccioline che si diffondono respirando, starnutendo o tossendo», segnala Nicola Nardella, docente di igiene generale e applicata presso la scuola di specializzazione di igiene e medicina preventiva dell'università Politecnica delle Marche.
Il dottor Nardella ha pubblicato ieri un post sul suo profilo Facebook, entrando nel merito del dibattito sviluppatosi negli ultimi giorni sui piani medico e politico: «La portata dell'aria espirata può essere efficacemente ridotta usando una maschera facciale come mostrato nel video (un significativo fotogramma è riprodotto sopra, ndr), in cui viene applicata la strioscopia per visualizzare il flusso d'aria generato da una persona che respira e tossisce».
«Gli autori di uno studio pubblicato sulla rivista Nature - sottolinea Nardella - hanno valutato la presenza di virus nelle goccioline di saliva di grandezza variabile che vengono rilasciate nell'aria da persone affette da diverse malattie respiratorie. I ricercatori hanno valutato come la quantità delle particelle virali emesse si modificava a seconda dell'utilizzo da parte del paziente della mascherina. Lo studio ha preso in considerazione 246 pazienti, dei quali 124 indossavano il dispositivo di protezione e 122 no (le cosiddette mascherine chirurgiche, ndr). I risultati ottenuti hanno dimostrato che l'efficacia varia a seconda del virus che viene considerato. Per quanto riguarda i Coronavirus, i pazienti che indossavano la mascherina ne emettevano una quantità considerevolmente minore. Chi indossava il dispositivo di protezione, non emetteva il virus nelle goccioline di Flügge (particelle di saliva che si depositano intorno alla persona, ndr) e nell'aerosol. Una protezione inferiore è stata riscontrata per i virus influenzali e del raffreddore, che necessitano di una carica virale inferiore per contagiare altri individui». Lo studio è stato compiuto da ricercatori di Hong Kong e statunitensi. Come rileva sul suo sito Medical Fact il virologo Roberto Burioni, va precisato per completezza che i Coronavirus presi in esame sono quelli precedenti alla comparsa del Sars-Cov-2, responsabili di forme respiratorie decisamente meno gravi.
«Lo studio - osserva in conclusione Nardella - sottolinea quindi l'importanza di indossare una mascherina per limitare in maniera esponenziale la trasmissione dei virus e i contagi. I limiti osservati dalle mascherine chirurgiche nel trattenere le goccioline più fini ribadiscono però l'importanza del fatto che debbano anche essere assolutamente rispettate le misure di contenimento e di mantenimento della distanza interpersonale. Solo mantenendo la giusta distanza e i necessari accorgimenti igienici si può essere sicuri al 100% dell'efficacia della mascherina che si indossa».
Lorenzo Furlani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA