Cinquemila in cassa integrazione Il periodo buio di bar e ristoranti

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Mercoledì 25 Novembre 2020, 05:05
LA CRISI
PESARO Bar ristoranti e pub, con la zona arancione 5mila cassa integrati nella provincia, un lavoratore su due è a casa. L'asporto? «Si lavora al massimo al 15% rispetto ad un'attività aperta». Confcommercio e Confesercenti sperano di «tornare nella zona gialla dal 4 dicembre, salviamo almeno il periodo pre-natalizio e le festività». Sono dati impietosi quelli elaborati dall'associazione ristoratori della Confcommercio, relativi all'ingresso, prima nella zona gialla, con la chiusura dei pubblici esercizi alle 18, e poi nell'attuale zona arancione, con la chiusura totale, consentendo solo asporto e consegne a domicilio. Sono 1.641 le attività interessate dalle chiusure nella provincia di Pesaro, con una produzione di lavoro annuo di circa 150 milioni di euro. Attività che danno lavoro a oltre 10mila persone. Di queste, 757 sono ristoranti, fast food, pizzerie, rosticcerie, con posti a sedere. E altri 884 locali tra bar, pub, caffetterie e birrerie con somministrazione di bevande per il consumo immediato (ma con tavoli), e senza il servizio cucina.
Secondo i dati Inps elaborati da Ires Cgil i lavoratori nei ristoranti della provincia sono 9.234. «Nella zona gialla c'erano 2mila cassa integrati - riferisce il neo rieletto presidente dell'associazione ristoratori Confcommercio Mario Di Remigio -. Abbiamo stimato che dall'ingresso nella zona arancione in cassa integrazione ci siano 5mila persone».
«Meglio a pranzo che niente»
Alessandro Ligurgo, referente pesarese della Confesercenti spera che per i pubblici esercizi «ci sia la possibilità di riaprire dal 4 dicembre, anche se forse sarà solo per pranzo. In ogni caso, tenere aperto anche se per poco, è sempre meglio che restare chiusi. Per il commercio auspichiamo che si possa un po' respirare l'aria natalizia, un po' di sano shopping, regali per bambini e non solo per i bambini. Speriamo che ci sia una boccata d'ossigeno per le attività perché ne hanno davvero bisogno. Auspichiamo che nel frattempo i dati epidemiologici siano favorevoli alle Marche, e in particolar modo nella nostra provincia. Ci auguriamo che non ci sia più bisogno dopo Natale di tornare ad un nuovo lockdown, mascherato o meno».
Sulla possibile riapertura con il Dpcm del 3 dicembre anche Di Remigio auspica che da qui a poco tempo si cambi, almeno tornare in zona gialla. «Sappiamo che non dipende da noi - afferma -, ma da quale sarà la situazione sanitaria e l'andamento dei contagi nei prossimi giorni. I dati che abbiamo elaborato dimostrano che siamo una filiera molto importante per il nostro territorio e per tutta l'Italia. Siamo coloro che distribuiscono e fanno capire che cosa rappresenti il made in Italy dal punto di vista culturale ed enogastronomico. Dietro di noi ci sono tante altre realtà. E non parliamo del settore degli eventi, tra wedding e incontri aziendali, fermi diamarzo, che ogni anno in Italia coinvolgono 64 milioni di persone».
«La nostra categoria sacrificata»
«La salute è importantissima - continua Di Remigio - ma la nostra categoria è stata sacrificata e alcune cose non le comprendo: tra zona arancione e zona gialla non capisco la chiusura totale dei ristoranti: quale fastidio davano fino alle 18, e già si trattava di una misura parecchio restrittiva. Asporto e delivery per un'attività normale rappresentano il 10-15% del fatturato, ma per tanti ristoranti, che si trovano nei piccoli borghi o in zone di campagna, non vale la pena nemmeno farlo. Non comprendiamo perché un negozio, e con questo non vogliamo fare la guerra tra poveri, possa restare aperto in zona arancione e gialla, il ristorante invece chiuso in entrambe le zone».
Thomas Delbianco
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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