Arrestato per crac e truffe imprenditore legato a clan

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Giovedì 14 Febbraio 2019, 05:04
L'INCHIESTA
PESARO I colletti grigi iconici di opacità e malaffare trovano appetibile il tessuto economico pesarese con la sua dote di aziende e laddove fenomeni come il riciclaggio restano sospetti quanto sfuggenti, l'infiltrazione la si incastra su reati fiscali. Dante Mannolo, imprenditore calabrese di 51 anni, lunedì è stato arrestato a Siella Marina su ordine di custodia cautelare emesso dal gip della Procura di Pesaro, Giacomo Gasparini, con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla bancarotta fraudolenta e documentale. Con lui figurano altri quattro indagati, tutti calabresi, per i medesimi reati.
I precedenti
Mannolo, originario di Cropani Marina, nel Catanzarese, risulta avere legami familiari con uno degli omonimi clan dell'ndrangheta che gravitano su San Leonardo di Cutro, ma alle spalle non ha dei precedenti per reati di stampo mafioso. Nell'estate di due anni fa in Puglia era già finito in carcere per lo stesso modus operandi che ora gli contesta la Procura pesarese: aprire società di distribuzione, acquistare prodotti ottenendo dilazioni nei pagamenti, svuotare i magazzini della merce, chiudere i conti correnti e volatilizzarsi lasciandosi alle spalle una scia di conti insoluti e denunce per truffa. Il tutto servendosi di fidati prestanome per ritagliarsi il ruolo del capo occulto, che dirige e impone, ma non compare. Nel Pesarese il giochetto, che al momento comprende 90 aziende raggirate per circa mezzo milione, è stato smantellato dopo tre anni di indagini.
La rilevanza
Un'operazione che ieri mattina, per la sua rilevanza, è stata illustrata nell'ufficio del procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro, Cristina Tedeschini, affiancata dal magistrato che ha condotto l'inchiesta, il sostituto procuratore Maria Letizia Fucci, dal maggiore Patrizia Gentili a capo della compagnia carabinieri, dal capitano Massimiliano Iori comandante del nucleo operativo e dal comandante della stazione di Borgo Santa Maria, il maresciallo maggiore Antonio Rappa. Ed è a Borgo Santa Maria che tutto ha inizio a metà dell'ottobre 2015. Un semplice controllo su strada: Mannolo è fermato alla guida di una Maserati Ghibli bianca da 80mila euro. Non risiede e non è domiciliato a Pesaro: «Vado a trovare degli amici» spiega ai carabinieri. Quanto basta per far capire a un militare che conosce il suo territorio che vale la pena di approfondire, tanto più se nella stessa zona sono stati controllati altri calabresi. Le indagini finiscono con il concentrarsi sull'attività di una società di commercializzazione di prodotti alimentari, l'Eurodistribuzione srl, con sede a Pesaro e capannone affittato nella zona industriale di Borgo Santa Maria, chiusa e dichiarata fallita l'anno scorso.
Reati tributari
Anche lo stesso imprenditore il 31 ottobre, su richiesta del pm, è stato dichiarato fallito quale socio occulto ed il fallimento è tuttora sub judice. Arrivare a Mannolo non è stato facile perchè non compariva mai ufficialmente e ufficiosamente per tutti era Paolo. Ci sono voluti altri tre mesi per far scattare l'arresto. «Sono un rispettabile imprenditore, pago per il peso del mio cognome» ha detto Dante Mannolo ai militari che lunedì si sono presentati all'alba per notificargli l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Alla base del lavoro di Procura e carabinieri - a cui ha collaborato il Ros di Ancona - un robusto teorema frutto di intreccio di norme tributarie, civili e penali volte a costruire dei capi d'accusa ritenuti «saldi e importanti». Per gli inquirenti Mannolo insieme ai quattro sodali indagati avrebbe distratto quasi 500mila euro di merci dai magazzini della Eurodistribuzione per dirottarle in Calabria. Nei primi mesi la società, con conti correnti in più istituti di credito, paga regolarmente i fornitori con l'accortezza di far girare somme non superiori a 5mila euro per evitare le maglie più strette delle normative ma poi smette di saldare. Chiuso il magazzino, chiusa l'Eurodistribuzione, irrintracciabili i soci.
Il giochino
Con questo metodo secondo gli inquirenti sono stati truffati fornitori in tutt'Italia, tra cui Ferrero, San Benedetto, caffè Borbone e anche aziende locali da Cecchini caffè a Tecnoarredo a Moretti carrelli. La procuratrice Tedeschini ha elogiato i carabinieri e chi ha saputo cogliere al volo certi segnali nebulosi:«Grazie alla capacità di uomini che sanno cosa significa captare i particolari delle situazioni che si presentano davanti ai loro occhi, grazie anche a segnalazioni ricevute da istituti bancari abbiamo saputo fronteggiare un'indubbia infiltrazione criminale con legami che ci portano in Calabria. Perché fossero venuti a Pesaro, quali appoggi hanno avuto, che cosa avessero deciso di fare ancora, sarà materia di ulteriore indagine».
Simonetta Marfoglia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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