«Tre mesi da incubo, deliravo senza sapere dove fossi»

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Venerdì 10 Luglio 2020, 05:04
IL RACCONTO
MONTEGIORGIO Finalmente, dopo 3 mesi e 11 giorni di ricovero in ospedale e 25 kg di meno, è tornato a casa uno dei primi malati Covid di Montegiorgio: Giuseppe Sebastiani, 66enne, insegnante di Matematica e Fisica da 28 anni al Liceo Medi di Montegiorgio: ha potuto riabbracciare la famiglia, la moglie Anna Maria e i figli Marco e Paolo.
I timori
Una vera odissea del dolore la sua che, per fortuna, si è conclusa bene, anche se nel corso di questi mesi più volte si era temuto il peggio. Giuseppe il 1° marzo aveva partecipato a una gara di tiro dinamico, la sua passione, nella città di Perugia. Ci si era recato in auto insieme ad altri 3 amici, fortunatamente non contagiati. A distanza di una decina di giorni da quel viaggio si era ammalato di influenza. Almeno così lui pensava, con febbre alta ma senza sintomi di difficoltà respiratoria. «Facevo anche le prove di apnea e garantisco che sembravo un sub», racconta. Ma voleva sottoporsi al tampone. Così, il 19 marzo aveva chiamato il 118 alla volta del pronto soccorso di Fermo. Da quel momento la sua situazione è precipitata. Lo stesso pomeriggio è stato ricoverato a Malattie infettive e poi in Terapia intensiva, dove è rimasto per 2 mesi, uno dei quali intubato. «Mentre ero intubato - dice - ricordo solo che sognavo e mi sono reso conto di quanto fossi grave solo durante i 2 arresti cardiaci che ho avuto. Non so spiegarmi il perché, ma in quei momenti ero lucido. Poi riperdevo conoscenza». Giuseppe racconta pure lo stato confusionale al risveglio: «Per una settima sono stato convinto di trovarmi in ospedale a Osimo, tanto che ho chiamato un mio amico del posto per farmi portare il caricabatterie visto che avevo il cellulare scarico. Il secondo mese ho subito la tracheotomia e poi è sopraggiunta la pancreatite. Il giorno in cui mi hanno dichiarato fuori pericolo è venuta da me la primaria Susanna Cola, mi ha preso le mani e ha iniziato a piangere come una fontana mentre mi diceva che era tanto tanto contenta che ce l'avessi fatta. Se fossi stato suo padre non mi avrebbe potuto trattare meglio. Non solo lei, tutti gli operatori della Rianimazione per me sono stati una famiglia. E lo stesso posso dire del dottor Macarri e del suo staff, nel cui reparto sono stato poi trasferito per la pancreatite».
La conclusione
L'ultimo tratto del suo calvario l'ha trascorso a Porto San Giorgio dove è stato trasferito per la riabilitazione. «Avrei potuto restarci altro tempo, ma ho preferito tornare a casa e già in pochi giorni mi sento molto meglio. Ho attrezzato una palestra e mi alleno ogni giorno. Ho anche ripreso a guidare l'auto e sono persino andato in piscina». Dieci anni fa era stato vittima di un incidente stradale con la sua moto e anche in quel caso era finito in rianimazione per due settimane, oltre che in cura per ben 5 mesi. «Ancora una volta la vita mi ha messo a dura prova», chiosa.
m. v.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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