Il Carnevale nero degli store cinesi «L'anno scorso era tutto esaurito»

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Domenica 23 Febbraio 2020, 05:04
IL CROLLO
FERMO Psicosi o timori giustificati? I fermani tornano a tremare per la paura del contagio da coronavirus e la comunità cinese ricomincia a preoccuparsi per il futuro delle proprie attività economiche e delle proprie famiglie. «Proprio adesso che le cose stavano migliorando racconta Lu, proprietario di un piccolo supermarket dell'entroterra, è arrivata questa brutta notizia. E a noi fa molta paura, molta più paura del contagio stesso».
La flessione
In effetti, spiegano titolari di ristoranti ed esercizi commerciali cinesi del Fermano, negli ultimi giorni la situazione stava tornando alla normalità, con dati che ancora non si avvicinavano al periodo pre-virus ma che, comunque, permettevano di confidare in una lenta ripresa. Se nei primi giorni di febbraio il crollo di acquisti e prenotazioni si aggirava tra il 70 e il 90%, nell'ultima settimana, un 20, 30% di clienti era tornato ad affollare supermarket e ristoranti. Poi però la doccia fredda dei contagi in Veneto e Lombardia e l'incubo che ricomincia. «Molti, in particolare giovani e famiglie, riferisce Cheng, titolare del bazar in zona San Francesco a Fermo venivano da noi per acquistare costumi e accessori per il Carnevale. Quest'anno avevamo meno clienti ma il calo era comunque contenuto. Tra venerdì e sabato però il crollo totale. Nessuno è entrato più nel negozio e i vestiti di carnevale sono rimasti tutti lì sugli scaffali. Negli anni scorsi invece li finivamo tutti». Insomma, sembra di essere tornati a fine gennaio, quando, per la prima volta, scattò, in tutto il mondo, l'allarme coronavirus. «Tutto questo proprio ora che le persone riprendevano a frequentare il nostro locale aggiunge Ye Xiao Xiao, titolare di un ristorante cinese a Campiglione avevamo appena ricominciato a ricevere qualche prenotazione, richiamando persino in servizio alcuni camerieri che avevamo dovuto lasciare a casa. Adesso, tutto è tornato indietro di un mese. Per stasera le prenotazioni si contano sulle dita di una mano».
I pregiudizi
Eppure stavolta, continua sua moglie Paola, dovrebbe essere chiaro a tutti che la nazionalità non centra nulla con il virus. «Le nostre famiglie in Cina dice Paola vivono a centinaia di km di distanza da Wuhan e comunque noi non le vediamo da oltre un anno. Però gli sguardi della gente nei nostri confronti continuano a essere diffidenti». Non un vero e proprio razzismo, riferiscono ristoratori e commercianti, o forse un po' sì. «Si scansano quando sei accanto, nella coda alla cassa del supermercato, si ritraggono quando passi vicino al bar e ti sporgi per chiedere qualcosa e indietreggiano quando ti avvicini troppo riferisce Lu credo sia quasi automatico, hanno paura e lo capisco ma noi, cinesi e italiani, ci troviamo nella stessa situazione. Il virus oramai è anche qui in Italia, la nazionalità non conta più nulla. Il problema adesso è di tutti».
Laura Meda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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